Stefano Bonaccini punta le europee del 2024: «Ecco come il Pd tornerà a essere il primo partito»

Il candidato alla segreteria Pd e governatore dell’Emilia Romagna ha parlato anche di possibili confronti con Terzo Polo e M5s

Nonostante i deludenti risultati delle ultime elezioni politiche, Stefano Bonaccini crede ancora nel suo partito. Anzi, secondo lui è il momento buono per «rimboccarsi le maniche e cominciare», perché «tante persone si aspettano un’opposizione seria e credibile in campo e un’alternativa a questa destra». Quello che serve, a suo avviso, è «un Pd più grande in un nuovo centrosinistra che sappia vincere nelle urne». Lo ha dichiarato in un’intervista a la Repubblica. Il candidato alla segreteria Pd e governatore dell’Emilia Romagna ostenta disinteresse nei confronti della «discussione su organismi e fasi congressuali»: «Non sono mai stato iscritto a nessuna corrente e non chiederò e non accetterò il sostegno di nessuna corrente. Finiamola di chiamarci col cognome degli altri».


Direzione Europa

Si definisce «un uomo di sinistra che crede nel Pd e vuole farne un grande partito progressista e riformista», in contrapposizione a Renzi che «ha deciso di abbandonare da tempo il Pd e di creare un partito di moderati». «Ci confronteremo con Terzo Polo e 5S, ma certo non lasceremo loro la rappresentanza esclusiva di moderati e sinistra», promette, aggiungendo che «la vocazione maggioritaria non è autosufficienza ma apertura, indispensabile per costruire una grande forza progressista e riformista». Il dialogo con il M5s, in questo contesto, non rientra nei suoi obiettivi prioritari. «Il mio primo obiettivo è che il Pd torni a essere e a fare il Pd». Il primo banco di prova per questo ambizioso obiettivo saranno «le europee e le amministrative del 2024: dobbiamo tornare ad essere il primo partito. Io – dice ancora – temo che con questa destra l’Italia torni indietro, che ci isoliamo in Europa, che la società, l’economia e i diritti si fermino». Non esclude, se eletto segretario, di restare in Regione. «Non mi pare che Zingaretti si sia dimesso per il troppo lavoro, ma per le troppe correnti», conclude.


Leggi anche: