L’ultimo messaggio di Massimiliano prima del suicidio assistito in Svizzera: «Illogico dover andare lontano per smettere di soffrire» – Il video

Lunedì l’uomo aveva chiesto di «essere aiutato a morire a casa mia». A offrirsi di portarlo in una clinica svizzera per mettere fine alle sue sofferenze è stata una volontaria dell’associazione Luca Coscioni

Ha ricorso al suicidio assistito in Svizzera, Massimiliano, il 44nne toscano da 6 anni malato di sclerosi multipla che lunedì aveva chiesto di «essere aiutato a morire a casa mia». Lo conferma l’associazione Luca Coscioni, a cui l’uomo si era rivolto una volta persa la propria autonomia a causa della malattia. Come riferito dalla stessa associazione, Massimiliano è stato portato in Svizzera da «Felicetta Maltese, 71 anni, iscritta all’associazione Luca Coscioni e attivista della campagna Eutanasia Legale e da Chiara Lalli, giornalista e bioeticista». Entrambe si autodenunceranno domani ai carabinieri. «Sono quasi completamente paralizzato e faccio fatica anche a parlare.


L’ultimo messaggio di Massimiliano

Da un paio di anni siccome non ce la faccio più», si sente dire a Massimiliano nel suo ultimo videomessaggio registrato prima della morte, «ho iniziato a documentarmi su internet su metodi di suicidio indolore». Tra questi oltre all’arma da fuoco – «purtroppo non ce l’ho», dichiara Massimiliano – c’è l’eutanasia, alla quale il 44enne non ha potuto accedere in Italia poiché non sottoposto a sistemi di sostegno vitale. «Perché non posso farlo qui in Italia? A casa mia, o anche in un ospedale. Ma meglio a casa mia con i parenti, gli amici vicino» chiede Massimiliano. «No, devo andarmene in Svizzera. Non mi sembra una cosa logica questa. Sono costretto ad andarmene via, per andarmene via».


L’appello del padre

In un post condiviso ieri su Facebook dall’associazione, si vede il padre di Massimiliano ribadirne le ragioni. Nella descrizione si ricorda che quella che porta oltralpe è «l’unica strada percorribile se l’inerzia della politica dovesse continuare a ignorare le indicazioni della Consulta, che tre anni fa ha imposto al Parlamento una legge sul tema, senza trovare però alcun riscontro».

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