Saman Abbas, l’autopsia sul corpo ritrovato: «Morte con modalità atroci»

I primi risultati sui resti umani trovati a 700 metri dal casolare degli Abbas e su indicazione dello zio della 18enne pachistana, Danish Hasnain

«Il corpo era integro, ma saponificato. Per fortuna però i tessuti consentono degli accertamenti». Ad affermarlo all’ANSA è l’avvocata Barbara Iannuccelli che rappresenta l’associazione Penelope come parte civile al processo per l’omicidio di Saman Abbas, la 18enne pachistana scomparsa nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio in provincia di Reggio Emilia. Dall’autopsia condotta sul corpo ritrovato il 18 novembre scorso interrato in un casolare diroccato a Novellara e che si pensa possa appartenere a Saman «sono emersi scollamenti e abrasioni che possono essere dettati dall’effetto tappo, essendo stata sotto terra per un anno e mezzo». La legale ha poi ribadito che sul cadavere non sono stati rilevati tagli alla gola, – come in precedenza si pensava e aveva spiegato anche il Corriere della Sera -. «Sarebbe fuorviante definirlo tale – dice Iannuccelli – e tanto più ricondurlo alla causa di morte. Non vi è neppure certezza che quello visto possa essere un taglio. Potrebbe essere uno scollamento di tessuto post mortem. A riguardo sono necessari esami istologici che saranno svolti nei prossimi giorni per capire se fossero lesioni irrorate di sangue. Ad oggi, ripeto, nessuno è in grado di dirlo».


La salma, che si trovava a più di un metro di profondità in un casolare a 700 metri di distanza della casa degli Abbas e rinvenuta su indicazione di Danish Hasnain, zio di Saman, uno dei cinque imputati per l’omicidio, era stata dissotterrata ed esumata il 28 novembre scorso e poi portata al laboratorio di medicina legale dell’Università di Milano dove oggi, venerdì 9 dicembre, è stata effettuata l’autopsia. La Corte ha fissato, il 23 novembre scorso durante l’udienza di conferimento, in 60 giorni il termine ultimo per i risultati. Il 10 febbraio, invece, comincerà il processo a Reggio Emilia. Cinque sono gli imputati: lo zio Danish Hasnain, i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq (tutti e tre in carcere), il padre Shabbar Abbas (arrestato un mese fa in Pakistan) e la madre Nazia Shaheen (ancora latitante in patria). Devono tutti rispondere di omicidio premeditato in concorso, sequestro di persona e soppressione di cadavere.


La legale: «Jeans e felpa come quelli in un video prima della scomparsa»

L’avvocata Barbara Iannuccelli, citata dall’agenzia stampa, ha inoltre sottolineato come il cadavere rinvenuto in un casolare in provincia di Reggio Emilia aveva «addosso i jeans sfilacciati da Saman sul ginocchio per essere alla moda e la felpa. I vestiti sembrano essere proprio quelli riconducibili al video che la riprendevano davanti a casa nelle sue ultime ore prima della scomparsa». E poi ancora: «Aveva ancora addosso una cavigliera e un braccialetto di quelli portafortuna colorati, ma anche un paio di orecchini. E una folta chioma di capelli», ha descritto l’avvocato. L’autopsia sul cadavere era cominciata questo pomeriggio; in programma a mezzogiorno, era slittata di quasi tre ore per alcune formalità burocratiche. Alle attività, dirette dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo (nota per aver lavorato anche i casi di Yara Gambirasio e Stefano Cucchi) incaricata dal tribunale di Reggio Emilia di fare la perizia insieme all’archeologo forense Dominic Salsarola, hanno partecipato anche i consulenti nominati dalle parti, ovvero la Procura, gli imputati e le parti civili. Proprio il legale dell’Unione delle comunità islamiche d’Italia, Riziero Angeletti, ha sottolineato – citato da Corriere della Sera – come dall’esame sia emerso che «la morte è avvenuta con modalità atroci. Da questo primo esame, sua pure parziale ma importante, ne deriva la considerazione che l’uccisione della ragazza non sia avvenuta come immaginato sino a oggi».

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