Il trucco di Pechino per smorzare l’emergenza Covid: così la Cina si ritrova con zero morti

Con l’allentamento delle misure per contenere il virus, si sono formate vere e proprie file di carri funebri davanti ai forni crematori. Ma la definizione per le statistiche dei decessi è stata cambiata per mantenere basse le cifre. Nel frattempo, paracetamolo e ibuprofene spariscono dalle farmacie

La Cina ha abbandonato la politica zero Covid dopo le violente proteste che hanno infiammato il Paese negli ultimi giorni in cui le misure restrittive sono rimaste in vigore. E il virus è tornato a correre. A leggere i dati, però, parrebbe che poco o nulla sia cambiato. Zero morti per Covid si registravano durante gli infiniti lockdown, e zero morti continuano a essere registrati ora, anche se città come la capitale Pechino, dove vivono circa 22 milioni di persone, stanno subendo la più forte ondata di contagi dall’inizio della pandemia. Ufficialmente, il picco dei contagi è stato a inizio dicembre, con oltre 60 mila casi al giorno, mai visti prima nel Paese. Ma gli esperti avvertono: il 60% dei cinesi verrà infettato nei prossimi mesi. La popolazione è impreparata, i tassi di vaccinazione, soprattutto tra gli anziani, non sono alti come quelli europei, e gli ospedali si stanno riempiendo rapidamente. Così tanti nuovi casi comportano necessariamente un incremento nelle morti correlate al Coronavirus. Ciononostante, ieri la statistica ufficiale indicava «zero» decessi per Covid.


Il cambio di definizione

Il motivo? La definizione è cambiata, e ora sotto la voce “decessi” vengono registrati solo i quelli legati a un’insufficienza respiratoria o una polmonite, ma non associate ad altre patologie. Si tratta di un cambio di rotta che potrebbe rivelarsi fuorviante – spiega il Corriere della Sera – soprattutto mentre l’Oms si dice molto preoccupata dalla situazione pandemica in Cina e chiede «dati più precisi per poter valutare il rischio», invocando un’accelerazione delle vaccinazioni.


I carri funebri in fila davanti ai forni crematori

La statistica è ferma, ma le lunghe code di carri funebri davanti ai crematori di Pechino raccontano altro. Così come racconta altro «un funzionario di un’agenzia funebre di Chongqing» su Weibo – social di microblogging cinese – che riferisce di «cremare 22 corpi al giorno», quando a novembre erano 4 o 5. Finora la Cina conta 5,241 decessi, quasi tutti registrati nel 2020 a Wuhan. Significa, in rapporto alla popolazione, un tasso di mortalità di 3 ogni milione di abitanti. Un millesimo della media delle statistiche mondiali, che oscilllano tra i 2,400 e i 3000 per milione di abitanti.

La carenza di medicinali

Nel frattempo, chi si contagia corre ai ripari come può, acquistando i classici farmaci contro i sintomi influenzali. Paracetamolo e ibuprofene sono ormai difficilissimi da trovare nelle farmacie cinesi, e anche nei Paesi vicini, come Hong-Kong, Macao, Taiwan e l’Australia si fa fatica a reperirne, racconta la Cnn. Chi ha la fortuna di trovarne qualche scatola, compra le compara tutte e poi le spedisce ad amici e parenti in bisogno. Tutto ciò avviene mentre anche negli Usa e in Canada questo genere di farmaci scarseggia, a causa della forte ondata di virus respiratori che stanno colpendo soprattutto i bambini.

In copertina: REUTERS/Alessandro Diviggiano | Un carro funebre attende il proprio turno a un affollato forno crematorio di Pechino

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