Covid, si cerca a Pechino ma arriva da New York: cosa sappiamo sulla variante Gryphon alle stelle negli Usa

Mentre si brancola nel buio dei dati cinesi, la certezza dagli Stati Uniti è su XXB.1.5, «più veloce di qualsiasi variante di Omicron e con elevata capacità di attaccarsi ai recettori delle cellule umane»

Si cerca a Pechino e invece è a New York: il pericolo di una nuova variante Covid, più contagiosa e potenzialmente più pericolosa, arriva dagli Stati Uniti, dove in una sola settimana Gryphon, questo il nome della mutazione, ha raddoppiato i suoi contagi, con una previsione al 30 dicembre di una dominanza assoluta per le prossime settimane della sottovariante di Omicron in tutto il Paese. Una diffusione che galoppa e che al primo novembre 2022 registrava una presenza ancora minima di XXB.1.5, segnando in poche settimane la crescita in assoluto più rapida di una sottovariante dai tempi di Omicron 1. I numeri arrivano dagli scienziati da mesi schierati in prima linea nella lotta al virus: «Di tutte le varianti nel mix attuale, XBB.1.5 ha il maggior vantaggio di crescita rispetto alla conosciuta Omicron 5, ed è in generale la più veloce di qualsiasi delle varianti dalla prima ondata di Omicron», spiega Eric Topol, direttore dello Scripps Research Translational Institute della California, mostrando la netta differenza di crescita nel mese di dicembre tra Gryphon e la sottovariante BQ.1.1, anche conosciuta come Cerberus, nello Stato di New York.


Una situazione confermata anche dalla CDC, l’importante organismo di controllo sulla sanità pubblica degli Stati Uniti d’America: nella nuova sorveglianza genomica diffusa dall’ente regolatore si registra una forte crescita di diffusione di XBB rispetto a quello di Cerberus, che invece appare con un dominio stabile. «Basti guardare alle alle regioni del Nord-Est dove XBB è già diventato dominante con una presenza maggiore al 50% e un balzo del 35% in 7 giorni», spiega ancora Topol. Poi un occhio anche sui ricoveri: il numero di americani ricoverati in ospedale contagiati da Covid-19 al 31 di dicembre è salito a quota 45.279, il dato più alto da febbraio 2022, «e non è affatto un buon segno», continua lo scienziato. A fare da eco, anche il professore e biologo Ryan Gregory: «Lo dirò di nuovo. La variante XBB è assolutamente alle stelle negli Stati Uniti e si sta diffondendo a livello globale. Si sta evolvendo non in Cina ma negli Stati Uniti d’America e questo è bene che si chiarisca», osserva anche in riferimento all’allarme lanciato su Pechino.


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È più pericolosa? Oltre i numeri, cosa sappiamo su Gryphon

Da dove nasce Gryphon e perché preoccupa? Nello sciame di sottovarianti legate a Omicron, è da poco apparso anche quello denominato con la sigla XXB. Nient’altro che il risultato, secondo gli scienziati, di una fusione di due diverse sottovarianti conosciute con la sigla BA.2.10.1 e BA.2.75. Quello che è successo in buona sostanza è che un paziente è stato nello stesso tempo infettato dai due lignaggi differenti i quali, nel processo di replicazione all’interno dell’organismo, si sono uniti dando vita a Gryphon. Questa nuova sottovariante è descritta dall’Oms con un profilo genetico riconducibile a Omicron ma con molte mutazioni su Spike, l’ormai nota proteina “gancio” che Sars-Cov-2 utilizza per attaccarsi al recettore ACE2 delle cellule umane al fine di infettarle e diffondersi nell’organismo.

Tra queste sottomutazioni di cui parla anche l’Organizzazione mondiale della sanità c’è la F486, la stessa che attualmente preoccupa gli scienziati non solo per la sua maggiore contagiosità ma anche per l’agevolazione che sarebbe in grado di fornire al virus nell’eludere gli anticorpi neutralizzanti. Rendendolo quindi capace di “bucare” i vaccini o l’infezione naturale avuta in precedenza. Ma F486 non è una scoperta delle ultime settimane. «La mutazione chiave di XBB.1.5 è F486 è stata identificata molti mesi fa dal laboratorio Bloom come quella legata alla fuga dell’immunità», spiega Topol. Era infatti agosto quando il “calcolatore di fuga” messo a punto dal laboratorio americano mostrava tutte le mutazioni maggiormente in grado di sfuggire alla neutralizzazione da parte degli anticorpi indotti da una precedente infezione da SARS-CoV-2, evidenziando come la mutazione F486 fosse «la candidata numero uno». Ad ottobre poi ha fatto eco anche l’Oms, definendo la sottovariante Gryphon come «la più immunoevasiva identificata dall’inizio della pandemia».

Vaccini bivalenti ancora un’arma?

A distanza di mesi i nuovi dati forniti informano su un legame molto più stretto con il recettore ACE2 delle cellule umane che accolgono il virus. Dunque come potersi difendere? Pochi giorni fa il New England Journal of Medicine ha pubblicato i dati sul booster bivalente contro Omicron 5 dimostrando come l’ultimo vaccino aggiornato in circolazione possa ancora rappresentare un valido aiuto anche contro Gryphon. «Le persone che hanno ricevuto il booster bivalente contenente BA.5 hanno avuto una migliore attività neutralizzante contro tutte le sottovarianti Omicron (specialmente contro BA. 2.75.2, BQ.1.1 e XBB) rispetto a quelli che hanno ricevuto 1 o 2 booster monovalenti», spiega il documento. Uno studio condotto per ora su una piccole coorte di persone, come spiegano gli stessi scienziati, e che per questo non riesce ancora a fornire il dato esatto dell’efficacia contro Gryphon su larga scala, ma che in ogni caso rappresenta un valido indizio di come la vaccinazione riesca a rappresentare ancora un sostegno per le sottovarianti arrivate. «I nuovi dati supportano che ci sarebbe una protezione dell’immunità incrociata, quindi, se non hai avuto un richiamo negli ultimi 4 mesi, sarebbe ben consigliato», esorta Topol. 

Sintomi più gravi?

Oltre alla capacità di sfuggire ai vaccini, la questione dei sintomi provocati dalla variante che sta spaventando il mondo rappresenta un altro punto di fondamentale interesse. Al momento i dati disponibili non sembrano rilevare una maggiore aggressività sull’organismo: forte mal di gola, tosse, dolori diffusi, febbre, sensazione di stanchezza e generale aggressione delle alte vie respiratorie sono alcuni dei principali effetti di Gryphon. La prima preoccupazione rimane quella di una sottovariante molto abile nel superare gli ostacoli creati dall’immunità vaccinale e quindi potenzialmente in grado di generare un’eventuale forma grave della malattia nei soggetti fragili.

Gryphon, la Cina e l’obbligo di tamponi anche per i viaggiatori dagli Usa

Ma allora perché si ha paura dell’ondata cinese? In buona parte perché i dati, ora offuscati dal governo di Pechino, ma riportati dalle stime della Bbc e dalla società di analisi britannica AirInfinity, nonché da diversi laboratori indipendenti del paese asiatico, raccontano di un boom di contagi pari a circa 1 milione di positivi al giorno e 5 mila decessi ogni 24 ore. Oltre ai numeri, la fine della strategia zero Covid con lo stop alle quarantene per i viaggiatori, ha dato campo libero alla popolazione asiatica di ricominciare a muoversi per il mondo. Gryphon potrebbe essere tra i responsabili dell’ondata cinese ma, nonostante l’assenza di dati certi a riguardo, Pechino appare, come succede ormai nell’immaginario più frequente della lotta al virus, come la principale origine dei peggiori pericoli infettiviti.

«Tutti a guardare alla Cina, preoccupati di una variante solo possibile, ignorando quanto galoppano in USA XBB e XBB.1.5 (sì, proprio Gryphon, che non è affatto una “variante cinese”). Niente tamponi da NY?», si chiede la divulgatrice scientifica Roberta Villa. A fare eco anche da oltreoceano: «XBB.1.5 è una variante emersa a New York. Per la nostra recente preoccupazione per le varianti che ci sta portando a richiedere test negativi per i voli dalla Cina, faremo lo stesso per i voli da New York?», osserva il professore Jon Levi del BUSPH Environmental Health di Boston, «siccome sono sicuro che la risposta è no, la mancanza di logica è chiara».

E in Italia?

Mentre anche l’ente europeo di controllo per le malattie (Ecdc) frena l’Ue sui tamponi obbligatori dalla Cina, ritenendoli «ingiustificati», l’Italia continua a monitorare come può le sue varianti. Per il periodo tra il 14 novembre 2022 – 25 dicembre 2022 la quasi totalità dei casi, secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità (Iss), è dovuta alla variante Omicron, che costituisce il 99,95% dei sequenziamenti depositati. Il restante 0,05% è da attribuire a ricombinanti Delta/Omicron. Omicron BA.5 risulta predominante e al suo interno sono stati individuati 151 differenti sotto-lignaggi: tra questi il più frequente è il prima citato Cerberus (BQ.1.1,) al 30,84%, seguito da BF.7 al 10,31%. «Pochissime le sequenze depositate di BA.2.75, il cosiddetto Centaurus, corrispondenti allo 0,2% del totale». Su Gryphon al momento non appare nessun allarme di diffusione: «Si continua a monitorare anche la circolazione del ricombinante XBB, recentemente definito Gryphon, e i suoi sottolignaggi», spiega Iss. «Sono considerati da diverse settimane varianti di interesse per la presenza di mutazioni associabili a capacità di immuno-evasione. Al momento le sequenze presenti nella piattaforma sono pari al 2% del totale, un valore sostanzialmente stabile rispetto al bollettino di novembre».

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