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Assalto al Planalto, arrestati 1.200 bolsonaristi. Continua la protesta: blocchi stradali anche a San Paolo – Il video

09 Gennaio 2023 - 14:39 Redazione
Decine di feriti e oltre mille arresti: il bilancio dell'attacco ai palazzi del potere di Brasilia

Dopo l’assalto avvenuto ieri ai palazzi del potere a Brasilia che ha provocato 46 feriti, di cui almeno 6 gravi, la polizia avrebbe arrestato circa 1.200 manifestanti. L’attacco è stato portato avanti dalle migliaia di sostenitori di Bolsonaro, sconfitto alle urne lo scorso ottobre da Luiz Inacio Lula da Silva, che sono scesi in strada – come avviene da settimane – per contestare il risultato elettorale. I manifestanti hanno sfondato il cordone di sicurezza e invaso il Palácio do Planalto, nel piazzale dove si trovano la sede della residenza presidenziale, del Parlamento brasiliano e della Corte suprema – ricordando da vicino l’assalto a Capitol Hill di due anni fa. Jair Bolsonaro, in Florida, si è dissociato da quanto accaduto, ma il neoeletto Luiz Inacio Lula da Silva lo ritiene colpevole di aver infiammato i manifestanti. Gli oltre mille arrestati sono stati portati con 40 bus nel quartier generale della polizia federale. Nel frattempo la protesta non è finita, e in molte strade e autostrade del Paese i bolsonaristi hanno creato dei blocchi. A San Paolo hanno dato fuoco a pneumatici e rifiuti, creando ingorghi su una delle arterie della megalopoli, la Marginal Tieté. Ma altre situazioni simili si sono verificate nello Stato di Mato Grosso, in altre aree dello Stato di San Paolo e a Santa Caterina. Intanto il presidente Lula ha diffuso una nota congiunta con il presidente della Camera, del Senato e della Corte suprema federale «per condannare gli atti terroristici, vandalici, criminali e golpisti», invitando la popolazione «alla serenità, in difesa della pace e della democrazia». Nella nota, Lula sottolinea che «il Paese ha bisogno di normalità, rispetto e lavoro per il progresso e la giustizia sociale della nazione».

Le accuse di Lula

Il presidente Lula ha promesso di assicurare alla giustizia i responsabili del peggior attacco alle istituzioni del Paese da quando la democrazia è stata ripristinata, quattro decenni fa. Un assalto che, secondo il presidente brasiliano, è stato finanziato «da uomini d’affari anche dall’estero». Per fare luce su quanto accaduto, Lula ha annunciato un intervento di sicurezza federale a Brasilia che durerà fino al 31 gennaio. Il giudice della Corte suprema del Brasile Alexandre de Moraes ha decretato il divieto di manifestazioni fino al 31 gennaio, l’arresto in flagrante degli estremisti accampati davanti alle caserme, e ha convocato sindaci, governatori e generali. Intanto l’esercito e la polizia hanno annunciato che a breve inizierà lo sgombero degli ultimi bolsonaristi. Che però avrebbero rubato armi da fuoco a Planalto, mentre il giudice della Corte Suprema Alexandre de Moraes ha ordinato alle piattaforme di social media Facebook, Twitter e TikTok di bloccare la propaganda golpista in Brasile.

Bolsonaro si dissocia dall’attacco

«Respingo le accuse, senza prove, attribuitemi dall’attuale capo dell’esecutivo del Brasile», ha scritto Bolsonaro evitando di nominare Lula. «Durante tutto il mio mandato sono sempre stato nel perimetro della Costituzione, rispettando e difendendo le leggi, la democrazia, la trasparenza e la nostra sacra libertà», ha aggiunto. Bolsonaro si trova in Florida dal 30 dicembre scorso. Ovvero da poco prima dell’insediamento di Luiz Inàcio Lula da Silva. Bolsonaro ha già visitato la Florida nel 2020. In quell’occasione ha soggiornato nella residenza Mar-a-Lago dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump a Palm Beach. L’eletta democratica Alexandria Ocasio-Cortez ha detto che gli Usa dovrebbero smetterla di lasciare un rifugio a Bolsonaro.

Lula a Brasilia

Lula invece è tornato a Brasilia. Ha visitato i luoghi colpiti dagli attacchi dei bolsonaristi: il Palazzo presidenziale Planalto, la Corte Suprema e il Congresso. Nel tribunale federale il presidente ha incontrato la presidente Rosa Weber e i giudici Dias Toffoli e Luis Roberto Barroso. Lula era ieri ad Araraquara, dove ha parlato alla Nazione condannando gli attacchi e le violenze dei manifestanti. «Non succederà più – aveva detto -. Scopriremo chi ha finanziato tutto questo». Il ministro della Giustizia Flavio Dino ha detto che Bolsonaro è «politicamente responsabile» dell’assalto.

La destituzione del governatore di Brasilia

Intanto il giudice della Corte Suprema Federale Alexandre de Moraes ha ordinato la rimozione del governatore del Distretto federale di Brasilia Ibaneis Rocha per un periodo di 90 giorni. «La violenta escalation di atti criminali è circostanza che può verificarsi solo con il consenso, e anche l’effettiva partecipazione, dalle autorità competenti per la sicurezza pubblica e l’intelligence», ha affermato Moraes. Almeno tre Stati hanno annunciato l’invio della polizia militare: Bahia, Piauì e Pernambuco.

Meta promette di rimuovere i contenuti che elogiano l’assalto

De Moraes si è inoltre scagliato contro i social, in particolare Facebook, Twitter e TikTok, ordinando di «bloccare la propaganda golpista in Brasile». Una linea presto recepita da Meta, la società madre di Facebook, che ha definito le rivolte un «evento di violazione» e ha promesso di rimuovere i contenuti che «sostengono o elogiano» i manifestanti che hanno preso d’assalto gli edifici governativi. Lo riporta la Cnn.

«Prima delle elezioni, abbiamo designato il Brasile come luogo temporaneo ad alto rischio e abbiamo rimosso i contenuti che invitano le persone a prendere le armi o a invadere con la forza il Congresso, il palazzo presidenziale e altri edifici federali», ha dichiarato il portavoce della società, Andy Stone. Che ha aggiunto: «Stiamo anche designando questo come un evento di violazione, il che significa che rimuoveremo i contenuti che sostengono o elogiano queste azioni. Stiamo monitorando attivamente la situazione e continueremo a rimuovere i contenuti che violano le nostre politiche».

Le reazioni: da Musk all’Onu

Intanto sui social proliferano le condanne riguardo l’accaduto. Il proprietario di Twitter, Elon Musk, ha commentato il violento attacco degli estremisti agli edifici governativi in Brasile. Ma senza prendere posizione. «Spero – ha scritto – che il popolo in Brasile sia in grado di risolvere le questioni pacificamente». Molti follower gli hanno contestato questa posizione, ricordandogli che la sua frase ricorda il «very fine people» usato da Trump. Musk da tempo sostiene le teorie complottiste sul «voto rubato» alle presidenziali americane. Ha riaperto gli account di suprematisti e insurrezionisti che il 6 gennaio 2021 avevano assaltato i palazzi del Congresso, a Washington. L’Onu ha condannato gli «atti antidemocratici» e ha chiesto alle autorità brasiliane di dare priorità al ripristino dell’ordine e alla difesa della democrazia.

Una «ferma condanna» all’attacco è stata fatta anche dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Che su Twitter ha espresso la «grande preoccupazione per tutti noi, difensori della democrazia». Per concludere: «Il mio pieno sostegno al Presidente Lula, che è stato eletto in modo libero e correttamente».

Anche la Cina ha dichiarato di «opporsi fermamente al violento attacco» agli edifici governativi della capitale brasiliana. Il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin, ha aggiunto inoltre che Pechino «sostiene le misure adottate dal governo brasiliano per calmare la situazione, ripristinare l’ordine sociale e salvaguardare la stabilità nazionale».

Ha fatto eco la Turchia, che oltre a condannare «gli atti di violenza contro il governo guidato dal presidente Luiz Inácio Lula da Silva, il Congresso e la Corte Costituzionale in Brasile» ha ricordato come sia «importante rispettare i risultati delle elezioni e il processo democratico che riflette la volontà del popolo nel Paese». Il leader spagnolo Pedro Sanchez ha invece sottolineato come le notizie in arrivo dal Brasile ricordino «qual è la maggior minaccia per la democrazia, la pace e la prosperità nel mondo, da nord a sud e da est a ovest: il risorgimento di movimenti estremisti disposti a travolgere tutto». La vicenda ha turbato anche Papa Francesco, che si è detto «preoccupato» e ha rivolto un pensiero anche alle altre crisi politiche «in diversi Paesi del continente americano, con il loro carico di tensioni e forme di violenza che acuiscono i conflitti sociali»: «Penso specialmente a quanto accaduto recentemente in Perù, e in queste ultime ore in Brasile, e alla preoccupante situazione ad Haiti», ha sottolineato il pontefice.

L’assalto al Parlamento

La folla ieri è riuscita a irrompere nel Parlamento sfondando i cordoni di sicurezza e devastando gli arredi. I rivoltosi hanno assaltato anche il palazzo presidenziale Planalto e la sede del Tribunale Supremo Federale. Che si trovano a due passi, appunto nella Praca dos Tres Poderes. Numerosi video girati dagli stessi manifestanti, pubblicati sui sociali e ripresi dai media, hanno mostrato persone in un’aula del Senato vandalizzata. All’esterno una marea umana con la maglietta della nazionale di calcio o una bandiera nazionale sulle spalle. Con un raid la polizia ha ripreso, poche ore dopo, il controllo della situazione.

Durante l’attacco alla Corte Suprema, i bolsonaristi hanno rubato una copia della Costituzione del 1988, come mostrano i video sui social network. La copia si trovava nell’edificio della sede del Tribunale. È stata rimossa e portata in Praca dos Tres Poderes. Secondo O Globo, l’edizione originale della Magna Carta, conservata nel museo della Corte Suprema, è invece intatta e non è stata vandalizzata. Il museo si trova nei sotterranei del Tribunale e i manifestanti non ci sono entrati. I video mostrano il momento in cui un sostenitore di Bolsonaro si arrampica sulla scultura A Justiça, di Alberto Ceschiatti, e si impossessa del libro.

L’esercito ferma la polizia

Intanto l’esercito brasiliano impedisce alla polizia l’ingresso a Brasilia nell’area dove sono accampati molti seguaci dell’ex presidente. Secondo la pagina online del quotidiano Folha de S. Paulo i militari hanno sbarrato la strada agli agenti che volevano entrare nella zona dove erano accampati gli autori dell’attacco con carri armati. Diversi veicoli della polizia, aggiunge il giornale, erano giunti all’ingresso della zona che si trova davanti al quartier generale dell’esercito, ma sono stati fermati. Le autorità locali hanno organizzato una riunione con responsabili militari, a cui partecipa anche Ricardo Capelli, designato da Lula come responsabile dell’intervento del governo federale nel distretto di Brasilia. Il quartier generale dell’esercito si trova nel Settore militare urbano (Smu), area di responsabilità esclusiva militare.

Lo sgombero

Ma l’esercito e la polizia militare del Distretto federale di Brasilia inizieranno a breve lo sgombero dei manifestanti che sono ancora accampati a Brasilia. I dettagli dell’operazione che dovrebbe svolgersi proprio oggi sono stati discussi nella notte in un incontro con i ministri Jose’ Mucio (Difesa), Flavio Dino (Giustizia) e Rui Costa (Casa civile) con il comandante della Esercito, Julio Cesar Arruda, nel Comando Militare di Planalto. I bolsonaristi però hanno rubato armi da fuoco conservate nel gabinetto di sicurezza istituzionale, nel palazzo presidenziale di Planalto. Il ministro delle Comunicazioni sociali Paulo Pimenta ha mostrato in un video due casse di armi da fuoco vuote, sopra un divano parzialmente bruciato. Il vice Wadih Damous, che ha accompagnato il ministro nel tour, ha sottolineato che i ladri «avevano informazioni» su quanto custodito in quell’ufficio, dal momento che hanno preso armi, munizioni e documenti.

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