Posti numerati, steward e innovazione: così il Regno Unito sconfisse gli hooligan

A poche ora dagli scontri tra gli ultrà di Roma e Napoli, ecco come Oltremanica è stato arginato il problema della violenza legata al tifo calcistico

I recenti scontri tra i tifosi della Roma e quelli del Napoli sull’autostrada A1 hanno riportato a galla il tema della violenza nel tifo calcistico. Se è vero che in Italia il tema torna ciclicamente, ci sono Paesi che sono riusciti a vincere questa battaglia e oggi hanno stadi più sicuri e più adatti a ogni tipo di pubblico. È il caso del Regno Unito, che è stata in grado di sconfiggere i temuti hooligan. Come? C’entrano delle società che sono state responsabilizzate, un ruolo attivo da parte dello Stato, e un miglioramento delle strutture. Cosa invece non ha funzionato oltremanica? Una misura molto simile alla tessera del tifoso nostrana. Ma andiamo con ordine.


La nascita degli hooligan

Per buona metà del secolo scorso, fino agli anni ’90, gli stadi del Regno Unito sono stati ambienti sporchi, vecchi e violenti. Frequentati per lo più da individui appartenenti alle classi sociali più basse. Inoltre, negli anni ’60 in Inghilterra, iniziarono a comparire un nuovo tipo di tifosi: gli hooligan. Con gli anfibi dalla punta di metallo ai piedi, il bomber addosso e le teste rasate invasero le curve degli stadi. Fu in quegli anni che gruppi dai nomi intimidatori come Headhunters (i cacciatori di teste del Chelsea), gli Yids del Tottenham, la Red Army (armata rossa) del Manchester United, i Gooners dell’Arsenal iniziarono a battezzare con nuovi nomi le curve degli stadi: la Kop del Liverpool, la North Bank dell’Arsenal, lo Shed del Chelsea, la Stretford End di Manchester. Il calcio britannico era diventato violento.


La tragedia di Hillsborough

Vennero introdotte le recinzioni negli stadi, ma non fu sufficiente. Per mano degli hooligan morirono tifosi nel ’74, nel ’76 e nel ’77. Nel frattempo, il governo sottovalutava il problema e alcune frange di tifosi si estremizzavano sempre di più. Arrivò il 1985, l’anno della strage dell’Heysel, lo stadio di Bruxelles, simile a quelli inglesi dell’epoca. Prima della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, i tifosi inglesi approfittarono delle carenti misure di sicurezza per sferrare diverse cariche che provocarono la morte di 39 spettatori, tra cui 32 italiani. In seguito alla tragedia, tutte le squadre inglesi vennero escluse per cinque anni dalle competizioni europee. Il Liverpool per sei. In seguito all’evento, nel 1989, venne introdotta una sorta di tessera del tifoso con il Football Spectators Act del governo Thatcher. L’obiettivo era identificare chi si rendesse protagonista di atti violenti durante le partite. Tutti i tifosi avrebbero dovuto essere schedati e avrebbero dovuto ricevere un certificato che consentiva di assistere alle partite in trasferta solo in possesso di determinati requisiti.

Tuttavia il sistema si rivelò inefficiente. Dato che venne ritenuto troppo macchinoso non fu mai applicato del tutto. Inoltre, vennero vietate le bevande alcoliche e si rafforzarono le barriere e le recinzioni che dividevano tifosi avversari negli stadi. Pochi mesi dopo, la storia tornò a ripetersi: 96 tifosi del Liverpool morirono schiacciati dalla calca che si era formata nello stadio Hillsborough di Sheffield. I Reds dovevano giocare la finale di FA Cup contro il Nottingham Forest. Un’inchiesta statale conclusa nel 2012 rivelò che con una migliore gestione della polizia e dei soccorsi, almeno 41 vittime avrebbero potuto salvarsi. Infatti, furono le forze dell’ordine a indirizzare i tifosi del Liverpool arrivati in un’area recintata troppo piccola per contenerli tutti.

I nuovi stadi di proprietà

In seguito ai fatti dell’Hillsborough il giudice Peter Taylor venne incaricato dal governo di indagare sui fatti. Il rapporto venne pubblicato nel 1990, e oltre a confermare le responsabilità della polizia, mise in evidenza i rischi legati all’avere negli stadi spazi recintati in cui i tifosi dovevano stare in piedi. Il giudice quindi suggerì l’abolizione delle barriere e dei posti in piedi. In seguito alla tragedia, nel 1994 – quando Thatcher si era già dimessa – si decise di cambiare gli stadi di Premier League e Championship, prima e seconda divisione inglese. Seguendo le indicazioni di Taylor ogni impianto sarebbe stato dotato di seggiolini numerati sulle tribune su cui gli spettatori dovevano obbligatoriamente sedere durante le partite. Il denaro arrivò dagli accordi che il calcio inglese siglò con la pay tv di Rupert Murdoch, BskyB. Altri fondi arrivarono da un fondo statale finanziato grazie ai proventi del gioco d’azzardo a cui le squadre potevano attingere per rinnovare gli stadi. Le società divennero proprietarie degli impianti, e si assunsero l’onere della manutenzione ordinaria e straordinaria. Tutt’oggi, il governo inglese mette a disposizione un fondo di circa 7 milioni di sterline che le squadre possono usare per la ristrutturazione degli impianti.

L’aumento dei biglietti

Il prezzo, però, ricadde anche sui tifosi, dato che il costo dei biglietti aumentò. Le squadre, infatti, nel 1973 diventarono responsabili anche della sicurezza degli spettatori, che devono quindi accettare prezzi più alti per finanziare le misure. Gli steward degli stadi, ad esempio, iniziarono a essere in contatto costante con la polizia, che fuori dagli stadi era pronta ad arrestare i tifosi anche in caso di semplice violenza verbale. Non manca, però, chi considerava i biglietti più costosi un modo per discriminare su basi sociali. Nel 1990 il biglietto più economico per l’Old Trafford – lo stadio del Manchester United – costava circa tre sterline, che diventano sei adeguate all’inflazione del 2011. Anno in cui, invece, il biglietto costava 28 sterline, mentre oggi si è arrivato poco sopra le 30.

L’allontanamento degli stadi

Dal 1985 al 2000, si susseguirono diversi Act che stabilirono regole più stringenti per i tifosi. Tra queste, anche il Banning Order simile al D.A.S.P.O. italiano. La misura inglese consente di allontanare dagli stadi chi viene condannato per violenza tentata o consumata, per possesso di armi, alcolici e altri oggetti pericolosi, per bagarinaggio. Si aggiungono poi il lancio di oggetti in campo e i cori razzisti. A questi soggetti può essere vietato l’ingresso negli impianti per un periodo dai tre a 10 anni. Inoltre, vengono considerati reati da stadio anche quelli commessi nelle 24 ore precedenti e successive anche fuori dall’impianto. Inoltre, i sospettati di aver commesso atti violenti nei cinque giorni precedenti alla partita possono essere fermati dalla polizia fino a sei ore e trattenuti fino a 24. Infine, alle società viene fatto divieto di intrattenere rapporti diretti con i tifosi, che possono invece rivolgersi anonimamente per segnalare situazioni di pericolo.

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