Francia, i sindacati ritrovano l’unità per contestare la riforma delle pensioni

Negli ultimi vent’anni, le mobilitazioni a cui hanno aderito tutte le sigle sono state 5: quattro di esse si incentravano su questo tema

I sindacati francesi sembrano aver messo da parte le divergenze in nome della lotta a un nemico comune: il progetto di riforma delle pensioni presentato ufficialmente dalla premier Élisabeth Borne (nella foto) e fortemente voluto da Emmanuel Macron. A essere contestata, spiegano le testate francesi, è una misura specifica: lo slittamento dell’età pensionabile, che a partire da settembre 2023 sarà spostato in avanti di tre mesi l’anno, fino a raggiungere i 64 anni nel 2030. Riuniti alla Borsa del Lavoro di Parigi, i rappresentanti delle principali sigle sindacali (CFDT, CGT, FO, CFE-CGC, CFTC, Unsa, Solidaires e FSU) hanno annunciato una «risposta comune» contro la riforma, che si concretizzerà in una «prima giornata di scioperi e manifestazioni» il prossimo 19 gennaio. Tutta la sinistra francese, dai socialisti ai verdi passando per la France Insoumise, ha lanciato un appello ad aderire alla giornata di mobilitazione. Un fronte così unito, secondo quanto riporta l’Huffington Post francese, non si vedeva da anni.


La premier, tra i vari annunci fatti, ha parlato di «fine di gran parte dei regimi speciali, per una questione di equità». Il progetto di legge che il governo intende far approvare al Parlamento prevede anche la possibilità di prepensionamenti e l’ottenimento della pensione anticipata, che resterà possibile, secondo Borne, per 4 lavoratori su 10. Sarà inoltre rafforzato il dispositivo di prevenzione sanitaria per i lavori usuranti, anche tramite la creazione di un fondo di investimento di un miliardo di euro. Ciononostante il progetto ha raccolto l’avversione del 70% dell’opinione pubblica.


I precedenti

L’unità delle organizzazioni sindacali sembra rinascere ogni volta che si prova a toccare le pensioni. Negli ultimi vent’anni, ricostruisce l’Huffington Post, quattro delle cinque mobilitazioni lanciate congiuntamente dalle organizzazioni si sono incentrate proprio su questo tema così delicato. Successe nel 1995, con il piano Juppé per allineare le pensioni dei dipendenti pubblici a quelle del settore privato (meno vantaggiose). Anche se allora, dopo quasi due mesi di fronte comune, la leader della CFDT Nicole Notat decise di abbandonare la nave. Il copione si replicò nel 2003, quando a trascinare in piazza i sindacati fu la legge Fillon, ancora una volta sul tema delle pensioni. Due giorni dopo la manifestazione condivisa del 13 maggio, a cui parteciparono quasi 2 milioni di persone, CFDT e CGC firmarono un accordo con il governo.

Nel 2010, il presidente era Nicolas Sarkozy, a capo del governo c’era François Fillon e il dicastero del Lavoro era guidato da Éric Woerth. Anche allora, a scatenare l’ira compatta dei sindacati fu una riforma delle pensioni, volta ad innalzare l’età pensionabile legale da 60 a 62 anni. Nonostante all’epoca le manifestazioni iniziarono ancor prima della presentazione del testo e, tra maggio e novembre 2010, riuscirono a radunare circa 3,5 milioni di partecipanti, il governo riuscì a realizzare il suo progetto. L’esempio più recente ha infine luogo nelle ultime settimane del 2019, quando le organizzazioni tornano a parlare all’unisono per protestare contro il disegno di legge presentato da Édouard Philippe. Nonostante la reticenza iniziale della CFDT, si riuscì a organizzare una manifestazione unitaria il 17 dicembre. Anche allora, a spingere le sigle verso l’unità fu l’innalzamento dell’età pensionabile… a 64 anni. Progetto che allora fu messo in stand-by dall’avvento della pandemia da Coronavirus.

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