Processo Open Arms, Conte: «Nessuno mi parlò di terroristi a bordo». Salvini: «Sono pronto a denunciare le procure»

Il leader della Lega è imputato, a Palermo, per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio

Matteo Salvini rischia «fino a 15 anni di carcere». A suo dire, «per aver difeso l’Italia». Secondo l’accusa, perché ad agosto 2019 l’allora ministro dell’Interno avrebbe illegittimamente negato alla ong Open Arms, con 147 profughi salvati in mare, di approdare a Lampedusa. E altrettanto illegittimamente avrebbe tenuto a bordo i migranti privandoli della libertà personale. Salvini è imputato a Palermo per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. Oggi, 13 gennaio, nell’aula bunker dell’Ucciardone, sono stati convocati il leader della Lega, ma anche Luigi Di Maio, Luciana Lamorgese e Giuseppe Conte, in qualità di testimoni.


Tra gli argomenti portati dalla difesa del segretario della Lega, c’è quello della presenza di un possibile terrorista a bordo della nave. All’epoca dei fatti, però, l’ex presidente del Consiglio Conte non ne sarebbe stato a conoscenza: «Non ricordo di aver mai sentito parlare della presenza di terroristi a bordo della Open Arms che aveva soccorso i migranti ad agosto del 2019», ha affermato il leader dei 5 stelle nella sua deposizione. Aggiungendo: «Non ricordo neppure che qualcuno mi abbia parlato di possibili accordi tra la Open Arms e gli scafisti alla guida dei barconi soccorsi». Conte ha anche sostenuto di non aver mai saputo che il comandante della Open Arms era indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.


La deposizione di Conte

Quel che invece ricorda bene è di aver sollecitato «il ministro Salvini a far sbarcare i minori a bordo della Open Arms, perché era un tema da risolvere al di là di tutto. Mi pareva che la decisione di trattenerli a bordo non avesse alcun fondamento giuridico». La richiesta era contenuta anche in una lettera privata inviata dal teste all’ex ministro Salvini, il 14 agosto. A cui fece seguito una seconda lettera, questa volta pubblica, in cui Conte lamentava la diffusione non fedele del contenuto della missiva da parte del leader della Lega. «Siamo al 15 agosto – ha ricordato – ci avviavamo verso la crisi di governo e una probabile competizione elettorale. Il tema immigrazione è sempre stato caldo per la propaganda politica. Ed era chiaro che in quella fase, Salvini, che ha sempre avuto posizioni chiare sulla gestione del problema, volesse rappresentare me come un debole e lui invece come rigoroso. Scrissi la lettera aperta perché mi infastidiva intanto che uno scritto da me inviato al ministro fosse stato diffuso dal destinatario senza la mia autorizzazione. Inoltre avrei gradito che fosse rappresentato per quel che era».

Di Maio: «Venivamo a sapere del rifiuto di “Pos” dai media»

Che sul caso ci fossero attriti all’interno della maggioranza è un dato confermato dalle parole dell’ex ministro degli Esteri, Luigi Di Maio: «La maggior parte delle volte sapevamo del rifiuto di Pos – Place of safety, ndr – da parte di Salvini dai media, che riportavano le sue dichiarazioni. Non ci sono mai state riunioni del Consiglio dei ministri, né informali né formali, sulla questione della concessione del porto sicuro alle navi con i migranti. Casomai le riunioni vennero fatte per affrontare le conseguenze del diniego dei Pos dell’ex ministro dell’Interno». La stessa vicenda Open Arms, ha dichiarato l’allora ministro degli Esteri, gli giunse alle orecchie solo per le dichiarazioni ai media di Salvini: «anche perché eravamo in piena crisi di governo». E dunque, ha aggiunto, «tutto ciò che veniva fatto in quel periodo era per ottenere consenso». Rispondendo alle domande della pm Giorgia Righi, Di Maio ha smentito che la concessione di Pos dovesse essere subordinata al completamento della procedura di redistribuzione dei migranti.

La redistribuzione preventiva

Conte, replicando alla domanda dell’avvocata Giulia Bongiorno, ha sostenuto di «non aver mai detto che la condizione per autorizzare lo sbarco dei migranti dovesse essere la loro redistribuzione preventiva». Ha aggiunto: «È evidente che ottenere la solidarietà europea e un riscontro sulla distribuzione, per poi arrivare allo sbarco, sarebbe stata la situazione ottimale. Ma non ho mai sostenuto che se non c’era la redistribuzione non si poteva concedere il porto sicuro». Il teste menziona inoltre una terza lettera, risalente al 16 agosto, in cui a suo dire avrebbe rassicurato Salvini «di aver ottenuto la redistribuzione dei profughi soccorsi dalla ong da ben sei paesi».

Le richieste all’Europa

A proposito della redistribuzione dei profughi tra i Paesi europei, Conte ci ha tenuto a ricordare il suo impegno di quattro anni fa: «Costrinsi i leader europei ad affrontare il tema dei flussi migratori radicalmente, fermando la discussione nel corso di un vertice europeo e minacciando che non saremmo andati avanti se non avessimo affrontato questo argomento, e concordato che la gestione dei flussi non poteva essere affidata ai Paesi di primo approdo. Ci fu un litigio, uno scontro dialettico con i leader di Francia e Germania, in particolare, e restammo tutta la notte a parlarne finché nelle conclusioni ottenni la formula degli “sforzi congiunti”». Sin dal momento del suo primo insediamento, ha spiegato, comprese infatti «che uno degli aspetti fondamentali era ottenere un passo avanti dall’Europa nella gestione complessiva del fenomeno. Cioè, non potevamo gestire il fenomeno da soli. E infatti elaborai di mio pugno con il mio staff e con diplomatici un progetto da presentare ai leader europei». Conte, a questo proposito, ha citato un «documento con 10 obiettivi che volevano affrontare il tema complessivamente», presentato al primo vertice europeo del giugno 2018. Conteneva, secondo quanto ha raccontato, «un passaggio centrale sulla redistribuzione come momento di organica politica per la gestione e la regolazione dei flussi a livello europeo».

Lamorgese: «La nostra priorità era salvare vite»

Anche Luciana Lamorgese, messa a capo del ministero dell’Interno dopo Salvini, è stata sentita in qualità di testimone. E ha voluto rimarcare la differenza di linea del suo dicastero rispetto a quella del suo predecessore: «Noi abbiamo messo sempre in primo piano il salvataggio delle persone». Rispondendo alla domanda del pm, ha affermato poi che a suo avviso la condotta del comandante dell’imbarcazione intervenuta in soccorso dei profughi non incideva sulla concessione del porto sicuro. «E poi le ong durante il mio dicastero non hanno mai violato le regole entrando nelle acque territoriali prima della concessione del Pos. Eventuali irregolarità potevano riguardare il mancato rispetto della filiera nella comunicazione dei salvataggi, non altro», ha aggiunto. Lamorgese ha precisato che durante la sua permanenza alla guida del Viminale i tempi di attesa del Pos per le navi delle ong erano in media di 2 o 3 giorni: «Si arrivava a 7-8 solo se c’era da concordare la redistribuzione con altri Paesi». Il pubblico ministero accusa invece Salvini di aver vietato illegittimamente l’approdo dell’Open Arms per ben 20 giorni.

Bongiorno: «Nella prossima udienza ci sarà un intervento di Salvini»

«Lunedì depositerò in sei procure della Repubblica una denuncia perché ritengo essenziale evidenziare che i sospetti di cui ha sempre parlato Salvini non erano inventati ma erano già stati evidenziati in una serie di riunioni e che addirittura erano stato condensati in una informativa che non è mai stata approfondita. Non capiamo come il Tar che doveva valutare la condotta dell’Ong non ha mai avuto modo di vedere questa informativa». Così Giulia Bongiorno, legale di Salvini, al termine dell’udienza del processo Open Arms. L’avvocata fa riferimento alle rivelazioni sul sommergibile Venuti della Marina che, nell’agosto 2019, aveva ripreso, fotografato e registrato l’attività della ong spagnola. «Nella prossima udienza – ha aggiunto – ci sarà un intervento del ministro Salvini in aula. Abbiamo atteso che finissero i testi dell’accusa e adesso cominceremo a evidenziare quella che è la nostra posizione».

La nota di Salvini al termine dell’udienza

L’udienza celebrata oggi a Palermo per il caso Open Arms ha confermato un dato oggettivo: rischio fino a 15 anni di carcere per il mancato sbarco dalla nave della ong spagnola tra il 14 e il 20 agosto 2019, nonostante Luciana Lamorgese abbia confermato di aver trattenuto gli immigrati a bordo di una nave in più di una occasione, per esempio sulla Ocean Viking dal 18 al 29 ottobre 2019 in attesa di trovare un accordo con gli altri partner europei. Oppure sulla Alan Kurdi, dal 26 ottobre al 3 novembre 2019.

Eppure, soltanto io avevo fatto crollare il numero di arrivi – difendendo i confini ed evitando molte tragedie del mare – ma soltanto io sono a processo e grazie ai voti dei parlamentari di sinistra.
Confermo di essere sconcertato anche perché – sorprendentemente – sono emerse solo a procedimento in corso le informazioni raccolte da un sottomarino della Marina: registrò l’attività di Open Arms nell’agosto 2019, certificando alcune anomalie che facevano ipotizzare il traffico illegale di esseri umani.

Si tratta di documenti che, se fossero stati subito disponibili, probabilmente non avrebbero nemmeno fatto iniziare questa vicenda. Sono determinato ad andare fino in fondo per accertare la verità ed è già pronta una denuncia: perché nessuna Procura ha approfondito questa informativa? Eppure è stato dimostrato che era stata trasmessa a otto (otto!) Procure.

Vado avanti, con orgoglio, a testa alta e con la coscienza pulita

Leggi anche: