Fondi russi alla Lega, chiesta l’archiviazione: «Salvini non sapeva della tangente promessa»

La procura di Milano: «Decisivo il veto di alcuni dirigenti russi». Negli atti quaranta riunioni preparatorie

La corruzione internazionale che doveva portare 50 milioni di euro alla “Lega per Salvini premier” non si è mai realizzata e in ogni caso il leader del Carroccio non ne era a conoscenza. A far saltare l’operazione – che comunque sarebbe stata pensata e messa in cantiere sia da parte russa sia dall’ex portavoce di Salvini, Gianluca Savoini – due elementi concorrenti: le divisioni interne al regime russo e il fatto che l’avvocato d’affari Gianluca Miranda, dopo la famosa riunione del 2018 all’hotel Mariupol di Mosca, consegnò l’audio ad un giornalista, facendo esplodere il caso. Nella richiesta di archiviazione della procura di Milano, anticipata da La Verità e dal Corriere della Sera, i pm scrivono che ci sono «elementi, sia pure indiretti, indicativi del fatto che Salvini fosse informato delle trattative sull’operazione di acquisto di prodotti petroliferi dalla Russia», ma senza che siano «mai emersi elementi concreti sul fatto che il segretario della Lega avesse personalmente partecipato alla trattativa o fornito un contributo causale» e neppure che «fosse stato messo al corrente del proposito di destinare una quota della somma ricavata dalla transazione ai mediatori russi». Dunque nessuna indagine per il leader e richiesta di archiviazione per Savoini, Meranda e l’ex bancario Francesco Vannucci. Sebbene mai realizzato, la preparazione dell’affare sarebbe entrata nel dettaglio. Le riunioni preparatorie, sia tra italiani, sia tra russi e italiani sarebbero state almeno 40 e in molti casi si sarebbero svolte a poca distanza da dove si trovava il leader Matteo Salvini. Ad esempio nel caso della riunione fatta a poca distanza dal ricevimento ufficiale nella sede dell’ambasciata russa del 7 giugno 2018, al quale partecipano Salvini, Savoini e Miranda.


A bloccare l’operazione, a Mosca, sarebbero stati alcuni esponenti russi. Nell’autunno del 2018 sarebbe arrivato il no di Igor Sechin, amministratore delegato di Rosneft che avrebbe subdorato il rischio che parte dei soldi andasse a funzionari russi. L’1 febbraio 2019 il niet di Anatolii Cerner, vicedirettore della logistica di Gazprom, insospettito tanto dal prezzo basso quanto dalla mancata esperienza del mediatore finanziario italiano, “Euro IB”. Su questi veti avrebbe pesato il fatto che alcuni esponenti russi erano contrari alla cordata di riferimento degli italiani, che avrebbero trattato, tra gli altri, con il dirigente di Russia Unita Vladimir Pligin e con il leader ultranazionalista Aleksandr Dugin. Per il reato di finanziamento illecito al partito, scrivono i magistrati «gli atti emersi dall’indagine, pur risultando inequivocabilmente direzionati verso tale obiettivo non hanno però ragiunto quello stadio di concretezza e effettività idoneo a raggiungere, almeno potenzialmente, lo scopo». Decisivo, per il complessivo andamento dell’indagine, il fatto che l’audio consegnato ai pm sia stato pubblicato anche sul sito buzzfeednews.com permettendo agli indagati di attivarsi per distruggere ogni prova, a cominciare da quelle telematiche.


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