Femminicidio Scialdone, la versione di Bonaiuti: «Voleva fingere di suicidarsi con la pistola, il colpo è partito per errore»

Nel ricorso al tribunale del riesame le spiegazioni dell’accusato: voleva solo impietosire la persona amata

Costantino Bonaiuti non voleva uccidere Martina Scialdone. Il colpo di pistola è partito «per errore». E lui aveva in animo soltanto di spaventarla. Inscenando un tentativo di suicidio. Il ricorso al tribunale del riesame presentato dalla difesa consente di ascoltare la versione dell’uomo accusato del femminicidio dell’avvocata. A partire, racconta oggi l’edizione romana di Repubblica, dalla premeditazione: «Se il Bonaiuti avesse veramente voluto cagionare la morte della povera vittima avrebbe potuto farlo lontano da occhi indiscreti». Invece l’obiettivo era uno: «Inscenare una macabra commedia, avente un canovaccio ben preciso, fingere un tentativo di suicidio per impietosire la persona amata e ricondurla a sé». Una versione che non sembra collimare con quella dei testimoni. Che lo hanno visto rientrare nel ristorante Brado al Tuscolano con l’arma in pugno.


La richiesta di scarcerazione

La richiesta di scarcerazione al tribunale del Riesame è giustificata da motivi di salute. Bonaiuti infatti soffrirebbe di una forte depressione. E di tendenze suicide ereditate in famiglia: due sue sorelle si sono tolte la vita a pochi giorni di distanza l’una dall’altra. Ma nel documento non si fa cenno al tumore ai polmoni che Bonaiuti aveva raccontato di avere ai colleghi e forse anche a Scialdone. Molto probabilmente si trattava di una balla, visto che il suo datore di lavoro, l’Enav, non ha mai ricevuto certificati che attestassero il cancro. Ma oggi il suo avvocato Fabio Taglialatela ribatte: «Si tratta di una leggera patologia tumorale ai polmoni che non è conclamata. Ma è tutto nelle carte».


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