L’uomo che ha catturato Matteo Messina Denaro: «Vi spiego qual è stato il suo errore decisivo»

Il comandante dei Ros Pasquale Angelosanto e i retroscena dell’arresto dell’Ultimo dei Corleonesi

Il generale dei carabinieri Pasquale Angelosanto è il comandante dei Ros che ha arrestato Matteo Messina Denaro. In un’intervista al Corriere della Sera oggi spiega cosa ha tradito l’ultimo dei Corleonesi. E dice che la vera indagine comincia ora. Puntando sulla rete che lo ha protetto in trent’anni di latitanza. Che potrebbe portare anche a uomini delle istituzioni: «La storia è segnata da politici, appartenenti alle forze dell’ordine, funzionari dello Stato arrestati o indagati per aver avvisato il boss che il cerchio si stava stringendo». E respinge le accuse dei complottisti: «Soltanto chi non conosce davvero la mafia può pensare a una trattativa segreta. Messina Denaro in tutti questi anni ha vissuto lontano dalla sua cerchia stretta di familiari e conoscenti. Noi e la polizia abbiamo arrestato centinaia di fiancheggiatori. Ma abbiamo sempre avuto la certezza che utilizzassero un’attenzione maniacale negli spostamenti e negli incontri».


L’indagine e i 90 minuti

C’è un altro elemento che non deve essere ignorato, secondo Angelosanto: «Io ho sempre raccomandato di non lasciare nulla di intentato, ma anche di non rischiare. Davvero si può pensare che avremmo concordato la cattura in una clinica dove c’erano decine di malati con il rischio che potesse esserci un conflitto a fuoco o comunque che qualcuno potesse essere messo in pericolo?». Il capo dei Ros spiega com’è cominciata l’indagine che ha portato in carcere Messina Denaro: «Venerdì scorso, il 13 gennaio, quando il signor Andrea Bonafede ha confermato una particolare terapia presso la clinica La Maddalena. Ma la certezza io l’ho avuta soltanto quando il colonnello Arcidiacono mi ha telefonato e mi ha detto: “L’abbiamo preso, ha ammesso di essere lui”».


La pista

La pista, invece, l’avevano imboccata già da qualche mese. «Grazie a indagini e intercettazioni sapevamo di quali patologie soffriva Messina Denaro e abbiamo fatto partire le verifiche. Ci eravamo insospettiti perché in determinati momenti i suoi familiari avevano comportamenti anomali. All’improvviso annullavano impegni già presi, spegnevano i telefoni, diventavano irrintracciabili. Dunque abbiamo pensato che questo potesse accadere in occasione di interventi chirurgici. O comunque di cure mediche particolari. A quel punto ci siamo concentrati sui database sanitari e siamo andati su obiettivi mirati». Tra Agrigento, Trapani e Palermo i Ros hanno cercato chi si stava curando per un tumore e aveva oltre 55 anni. «Abbiamo incrociato i dati e ottenuto una lista di 150 codici. Soltanto quando la cerchia si è molto ristretta abbiamo avviato verifiche personali. E agli inizi di dicembre siamo arrivati a Bonafede».

L’anomalia

E qui è comparsa l’anomalia decisiva. «Il 29 dicembre ha prenotato una visita per il 16 gennaio. Ci siamo preparati ad intervenire». Ma qualcosa non quadrava: «Quando aveva l’appuntamento fissato spesso era da un’altra parte. Il suo telefonino si trovava a Campobello. E questo è successo anche lunedì scorso. Poco prima della visita il vero Andrea Bonafede era a casa sua. A quel punto abbiamo fatto scattare l’operazione con oltre 150 uomini, la maggior parte dentro e fuori la clinica. All’orario fissato abbiamo chiuso i cancelli e controllato tutte le persone che erano all’interno. Il signor Bonafede si è sottoposto a tampone e poi si è diretto verso il bar. In quel momento è stato fermato». E catturato. Intanto Angelosanto si trovava nel comando della Legione in attesa della telefonata: «È arrivata un’ora e mezza dopo. Sono stati i 90 minuti più lunghi della mia vita».

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