Qatargate, restano in carcere Eva Kaili e Antonio Panzeri: i politici in cella per altri due mesi. Uno ancora per Tarabella

Confermate le misure cautelari per i tre politici coinvolti nell’inchiesta belga sulle mazzette da Marocco e Qatar

Dovranno restare in carcere almeno per i prossimi due mesi l’ex europarlamentare Antonio Panzeri e l’ex vicepresidente del Parlamento Ue Eva Kaili. La procura federale belga ha respinto le richieste di scarcerazione per i due politici, in cella dallo scorso 9 dicembre per l’inchiesta Qatargate. Un altro mese in carcere invece è stato deciso per l’eurodeputato belga Marc Tarabella, arrestato lo scorso sabato. Nell’udienza per il riesame della custodia cautelare, il legale della politica greca, Sven Mary, aveva attaccato i metodi dei magistrati belgi: «Se una persona diventa solo un simbolo e viene detenuta simbolicamente perché è famosa in quanto vicepresidente del Parlamento europeo, allora non ha alcun senso». La politica greca si trova nella casa circondariale di Haren, nella periferia di Bruxelles.


L’avvocato ha sottolineato che «non esiste alcun rischio di distruzione delle prove, né di collusione – e per questo – abbiamo chiesto la scarcerazione della signora Kaili con condizioni e, se non sarà accettata, abbiamo chiesto la sorveglianza ai domiciliari». L’ex vicepresidente dell’Europarlamento, madre di una bambina di appena un anno e 10 mesi, è riuscita a incontrarla solo cinque volte. Attraverso il legale, ha voluto ringraziare i dieci eurodeputati che hanno scritto una lettera «per denunciare le sue condizioni di detenzione e le difficoltà dei contatti con sua figlia». Kaili, ha aggiunto, «continuerà a battersi per la sua innocenza». Stando alle disposizioni delle autorità giudiziarie, la politica greca ha l’autorizzazione per incontrare la figlia un massimo di due volte al mese.


Anche Maxim Toller, legale di Marc Tarabella, anche lui coinvolto nell’inchiesta Qatargate, ha denunciato pubblicamente le modalità con cui le autorità belga stanno ricorrendo alla detenzione: «La legge sulla detenzione preventiva è soggetta a interpretazione ed è vero che alcuni giudici hanno la tendenza ad usarla più come mezzo di pressione. In questa inchiesta si ha l’impressione che si utilizzi la detenzione preventiva per fare pressione per ottenere qualcosa da coloro che potrebbero pentirsi, privando altri in particolare dell’accesso ai loro figli. Penso che in un’inchiesta che tratta di un attacco alla democrazia è necessario ricorrere a un’applicazione rigorosa della legge».

A margine delle udienze di convalida degli arresti di Kaili, Tarabella e Antonio Panzeri, l’avvocato ha spiegato che «la situazione di Tarabella è estremamente violenta, ha sollecitato di essere ascoltato e non lo hanno ascoltato, anche dopo che gli è stata revocata l’immunità con il suo stesso voto, non è stato cercato subito. Ora lo privano della sua libertà con la giustificazione dell’esistenza di assoluta necessità. A nostro giudizio – ha concluso -, il dossier non permette assolutamente di rivelare la minima traccia di soldi in capo al signor Tarabella».

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