Camilla Marianera: l’avvocata accusata di aver venduto informazioni per 300 euro a ultras e pusher: «Aiuti anche ai Casamonica»

Il protocollo criminale con l’aiuto del fidanzato Jacopo De Vivo. Ma la procura non ha ancora scoperto la talpa

Camilla Marianera, praticante avvocato, avvisava ultras e pusher se la procura li intercettava. E per ogni soffiata chiedeva un compenso di 300 euro. Questa è l’accusa della procura nei confronti della 29enne e del suo compagno Jacopo De Vivo, 31 anni, figlio di Giuseppe noto come “Peppone”, storico esponente ultrà della Curva Sud romanista morto per una malattia nel 2015. E amico di Diabolik, ovvero Fabrizio Piscitelli degli Irriducibili. Entrambi sono accusati di corruzione. In un’intercettazione lei parlava anche dei Casamonica. Vantandosi di aver conosciuto il capo della polizia e di aver appreso notizie sul conto della nota famiglia. Non è stata ancora individuata invece la talpa della procura che faceva avere alla coppia le informazioni che poi rivendevano. Mentre l’impresa di Marianera e De Vivo è terminata martedì scorso. Quando entrambi sono finiti in carcere.


Protocollo criminale

Quello dei due secondo la procura era un vero e proprio protocollo criminale. Che veniva messo a disposizione di ”clienti conoscenti” che decidevano di affidarsi alla cosiddetta modalità alternativa, come la chiamavano i due arrestati. Nell’ordinanza è la stessa donna a spiegare di avere la compiacenza di un funzionario: «Diciamo che conosciamo una persona che sta in Procura nell’ufficio dove sbobbinano le intercettazioni e tutto. A me fa tanti favori, tipo che se gli metto il nome con la data di nascita lui…». Mentre la talpa «periodicamente eseguiva controlli trimestrali sull’eventuale esistenza di indagini» a carico del compagno della donna e di un familiare. Il funzionario, secondo quanto ricostruito dalle indagini, avrebbe offerto informazioni non solo sui procedimenti ma anche sulla presenza di sistemi di monitoraggio. Come emerge da una frase della stessa donna. «Davanti a me scrive sul computer e mi dice… ‘inserito Gps sotto la macchina…oppure predisposto ocp su via…sotto casa».


L’atto di accusa

Secondo l’atto d’accusa dal 2021 al dicembre scorso, i due «in concorso tra loro e previo concerto, con una pluralità di azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso erogavano utilità economiche a un pubblico ufficiale allo stato ignoto, appartenente agli uffici giudiziari di Roma e addetto all’ufficio intercettazioni, perché costui ponesse in essere atti contrari ai doveri del suo ufficio. Consistenti nel rilevare l’esistenza di procedimenti penali coperti dal segreto, l’esistenza di intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, atti remunerati mediamente nella misura di 300 euro a richiesta». L’indagine è nata nell’ambito di un altro procedimento penale per fatti di droga. Dove qualcuno degli intercettati avrebbe cercato di avere notizie sull’esistenza «di operazioni tecniche di intercettazioni, la tipologia delle stesse e gli obiettivi, target individuati».

I Casamonica

La coppia aveva incontrato un soggetto che voleva sapere se era indagato e sottoposto a intercettazioni dopo aver scoperto un gps nell’auto in uso alla moglie, appartenente alla famiglia Casamonica. E così emerso come i due indagati «fossero coinvolti in quanto mostravano di essere in grado di acquistare le informazioni segrete sull’esistenza di queste operazioni di intercettazione». Come? «Penetrando i sistemi e le procedure di garanzia e controllo della segretezza delle stesse, a mezzo dell’acquisto di favori illeciti da parte di funzionari infedeli allocati presso l’Ufficio intercettazione della Procura della Repubblica di Roma».

Camilla Marianera e Jacopo De Vivo

Il Gip Gaspare Sturzo scrive nell’ordinanza che Camilla Marianera ha «un profilo non secondario di capacità di sapersi infiltrare nei gangli della burocrazia pubblica». Anche perché come consulente dell’assessorato comunale alla Sicurezza (assessorato e assessore del tutto estranei all’indagine, ndr.) «ha partecipato a riunioni del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica». Ovvero il «luogo istituzionale nel quale la possibilità di attingere notizie sensibili rispetto agli sviluppi di attività criminali è altissima». La personalità di Marianera e De Vivo viene descritta come «assolutamente pericolosa per come hanno fatto breccia nel sistema di controllo interno dell’ufficio intercettazioni della Procura». E per come hanno trovato «un ignoto, allo stato, concorrente necessario e concluso con lui un patto criminale a natura corruttiva». Creando così «una sorta di ‘protocollo criminale’ per vendere a terzi le informazioni segrete sull’esistenza di intercettazioni richieste e autorizzate dall’autorità giudiziaria romana».

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