Il Ppe punisce Berlusconi per le frasi su Zelensky: «Niente convegno a Napoli». L’ira di Forza Italia: «Un torto all’Italia e un’ingerenza inaccettabile»

L’annuncio del presidente dei Popolari Weber dopo le polemiche in mezza Europa: «Il governo, Tajani e Forza Italia hanno il nostro sostegno». Ma gli interessati fanno quadrato attorno all’ex premier

A cinque giorni dall’uscita pubblica di Silvio Berlusconi contro Volodymyr Zelensky e il sostegno italiano e occidentale al suo governo, arriva la prima concreta reazione del Partito popolare europeo, la “casa” europea del centrodestra di cui fa parte anche Forza Italia. Con un annuncio a sorpresa durissimo. «A seguito delle osservazioni di Silvio Berlusconi sull’Ucraina abbiamo deciso di annullare le nostre giornate di studio a Napoli. Il supporto per l’Ucraina non è facoltativo», ha reso noto via Twitter il presidente del Ppe, il tedesco Manfred Weber. Una decisione pensata per dare un segnale e una sanzione politica diretta proprio contro l’ex premier italiano – già in passato inviso a una parte rilevante dello stesso Ppe per gli scandali interni e le gaffes internazionali. L’annuncio di Weber prosegue infatti separando scientificamente il giudizio su Berlusconi da quello sul governo italiano, sul partito dell’ex premier e sul suo uomo di fiducia numero uno in entrambi. «Antonio Tajani e Forza Italia hanno il nostro sostegno e proseguiamo la collaborazione con il governo italiano sui temi dell’Ue», ha precisato il presidente del Ppe.


Il convegno annullato

La riunione in oggetto – ricostruisce l’Ansa – era in programma a Napoli il prossimo giugno e prevedeva la partecipazione, tra gli altri, di Berlusconi, della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e della presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola (tutti membri del Ppe). Ma questa settimana è montata sempre più l’ira dentro al Ppe, specialmente tra le forze politiche di centrodestra dell’est Europa, contro Berlusconi, “reo” di aver diffuso davanti ai microfoni di tutta la stampa italiana una nuova ricostruzione decisamente “putiniana” delle cause della guerra in Ucraina e del modo di mettervi fine. «Per arrivare alla pace il presidente americano dovrebbe prendersi Zelensky e dirgli: “È a tua disposizione, dopo la fine della guerra, un Piano Marshall per ricostruire l’Ucraina da 6, 7, 8 o 9 mila miliardi di dollari. A una condizione: che tu domani ordini il cessate il fuoco, anche perché noi da domani non ti daremo più dollari e non ti daremo più armi”. Soltanto una cosa del genere potrebbe convincere questo signore ad arrivare a un cessate il fuoco», aveva detto l’ex premier, precisando di giudicare «molto, molto, molto negativamente il comportamento di questo signore» (Zelensky), che lui – ha affermato – non avrebbe mai incontrato fosse stato ancora in carica a Palazzo Chigi. Parole inaccettabili per i partiti di centrodestra di mezza Europa, nei giorni in cui l’Ucraina si prepara a rispondere a una possibile nuova offensiva russa a un anno dall’inizio dell’invasione.


Tajani e Forza Italia fanno quadrato attorno al fondatore

Il tentativo di dividere i destini politici di Berlusconi da quelli del partito non è piaciuto però al “co-destinatario” del messaggio. «Berlusconi è Forza Italia. Forza Italia è Berlusconi. Non condivido la decisione di rinviare la riunione di Napoli. Anche perché Berlusconi e Fi hanno sempre votato come il Ppe sull’Ucraina, come dimostrano gli atti del Ppe», è la difesa a spada tratta trasmessa a stretto giro dal vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani. Una difesa dell’ex premier cui ha fatto seguito poco dopo quella diramata dal partito stesso. «Dentro Forza Italia esiste una sola linea e respingiamo – come abbiamo sempre fatto – ogni maldestro tentativo di dividerci», hanno scritto in una dura nota i capigruppo parlamentari di FI, Licia Ronzulli e Alessandro Cattaneo. «Ci auguriamo, innanzitutto come
italiani, il chiarimento del malinteso e un ravvedimento di Manfred Weber, al quale chiediamo di non intervenire più. Il tema non è unicamente l’annullamento degli ‘Study days’, facendo un torto non solo a un partito ma all’Italia, ma anche la volontà di entrare nella vita interna di un partito, imponendo o escludendo i leader dello stesso. Questo è inaccettabile. Gli ‘Study days’ sono una scusa».

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