Giallo sulle spese elettorali di Giorgia Meloni. Deposita due rendiconti, ma le cifre sono diverse fra loro

Cosa non torna sui documenti presentati dalla premier alla Camera e a palazzo Chigi

C’è un giallo nelle spese elettorali di Giorgia Meloni per le elezioni politiche di settembre 2022 che l’hanno portata alla guida del governo. La leader di Fratelli di Italia ha depositato due volte il rendiconto dei finanziamenti ricevuti dai supporter. Un documento è allegato alla sua dichiarazione dei redditi pubblicata sul suo profilo nel sito della Camera dei deputati. Il secondo documento è invece pubblicato nella sezione “amministrazione trasparente” della presidenza del Consiglio dei ministri. Non si tratta però dello stesso documento: alla Camera c’è solo una tabella che mette in fila i singoli finanziamenti ricevuti e i relativi importi. Alla presidenza del Consiglio è invece depositato un più corposo documento che in ogni pagina contiene la ricevuta firmata dalla stessa Meloni o dal suo mandatario elettorale che aveva il compito di raccogliere fondi e tenerne la relativa contabilità. La forma è diversa, ma non è uguale neppure il contenuto. Nel rendiconto depositato alla Camera i finanziamenti dichiarati sono infatti 9, per un totale di 61.200 euro. In quello depositato a Palazzo Chigi i finanziamenti dichiarati sono invece 17 (quasi il doppio) per un totale di 118.900 euro. Nell’elenco probabilmente c’è un errore e 4 finanziamenti per un totale di 50 mila euro sono riportati due volte, una come bonifico dichiarato dalla stessa Meloni e uno con ricevuta firmata dal suo mandatario elettorale. Sono invece in più rispetto all’altro rendiconto due finanziamenti da 2 mila euro ciascuno, uno da 1.500 euro e uno da 2.200 euro che non compaiono nel rendiconto depositato alla Camera dei deputati.


OPEN | a sinistra il documento sulle spese elettorali depositato dalla Meloni alla Camera, a destra uno dei versamenti depositati a palazzo Chigi che non è compreso nel documento della Camera

Di simile i due documenti depositati dalla Meloni hanno invece una sola cosa: è oscurato con un colpo di pennarello nero il nome di ogni benefattore che abbia versato quei singoli contributi, che sia persona fisica o società. Non si tratta di una ritrosia della Meloni perché adesso che quasi tutti (manca solo Silvio Berlusconi) hanno ormai depositato dichiarazioni dei redditi e spese elettorali, è certo che siano tutte oscurate allo stesso modo. Secondo i leader politici la decisione di non rivelare i nomi dei benefattori non è stata presa da loro, ma dagli uffici di Camera, Senato e Palazzo Chigi. Certo in questo modo l’operazione trasparenza è privata di qualsiasi senso logico.


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