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Silicon Valley Bank, perché crollano solo le borse europee? L’economista Baglioni: «Reazione emotiva, la crisi resterà circoscritta» – L’intervista

Il commento del docente dell'Università Cattolica sul caos finanziario generato dal fallimento della banca californiana

L’onda lunga del fallimento della Silicon Valley Bank si è trasformata in una giornata da incubo per le borse europee. Il Ftse Mib di Milano ha chiuso con un -4%, mandando in fumo oltre 24 miliardi di capitalizzazione. Stesso destino anche per gli altri principali indici europei: -3% per il Dax di Francoforte, -2,9% per il Cac 40 di Parigi e -2,5% per il Ftse 100 di Londra. Eppure, secondo l’economista Angelo Baglioni, docente di Economia monetaria all’Università Cattolica di Milano, non c’è motivo di allarmarsi. «La reazione delle borse europee è stata quasi emotiva. Il sistema bancario europeo, però, è solido: non ci sono campanelli d’allarme né motivi di preoccupazione». A calmare i mercati, ed evitare un allargamento a macchia d’olio della crisi, ha contribuito anche l‘intervento del governo americano. Nel fine settimana, Washington ha assicurato che i depositi di tutti i clienti di Silicon Valley Bank – aziende comprese – saranno rimborsati. Una linea rivendicata anche oggi da Joe Biden nel suo discorso alla nazione.

Professore, perché è fallita la Silicon Valley Bank?

«Alla radice del suo fallimento c’è soprattutto un problema: la forte esposizione della banca in titoli di Stato a medio e lungo termine. Si tratta di titoli molto sensibili alle variazioni dei tassi di interesse, che – come sappiamo – nell’ultimo anno sono cresciuti molto. Negli Usa, in particolare, c’è stato un aumento di 4 punti e mezzo. Questo ha comportato una riduzione del prezzo dei titoli sul mercato e, di conseguenza, una svalutazione del portafoglio di Svb. Nelle scorse settimane, i correntisti hanno cominciato ad allarmarsi, fino a quando è scoppiata la vera e propria corsa agli sportelli».

Perché nessuno è riuscito prevedere questa crisi?

«Ci sono responsabilità da chiarire. È evidente, per esempio, che ci sia stato un errore di gestione. Il management della banca avrebbe potuto prevedere già un anno fa quello che sarebbe successo con l’inflazione e l’aumento dei tassi di interesse. I vertici avrebbero potuto prendere misure di precauzione, per esempio vendendo alcuni di quei titoli di Stato prima che perdessero troppo valore. Di sicuro, però, andranno chiarite anche le lacune degli organi di vigilanza».

Dopo il fallimento di Svb, il governo americano è intervenuto subito per evitare il «contagio» di altre banche. Abbiamo imparato dagli errori della crisi finanziaria del 2008?

«Il governo americano si è mosso in maniera molto rapida e decisa, soprattutto con la garanzia totale dei depositi, compresi quelli superiori a 250mila dollari. È un provvedimento molto importante, che costerà molto alle casse dello Stato. Allo stesso tempo, è una mossa necessaria per evitare che la crisi si allarghi e presenti un conto anche superiore a quello attuale. Nel 2008, come è noto, venne fatto un errore: lasciare fallire Lehman Brothers imponendo grossi costi ai suoi creditori. Questo fece da detonatore della crisi, che poi sfociò in Europa e fece perdere ogni fiducia nel sistema bancario».

Il crac di Silicon Valley Bank rischia di avere conseguenze simili? Oppure è soltanto un caos passeggero?

«Fare previsioni è ancora difficile. Da quello che abbiamo visto finora, però, sembra che questo problema riguardi un modello di business molto particolare, legato al settore dell’high tech californiano. Di conseguenza, credo che altre banche di medie dimensioni dichiareranno fallimento. Ma con la garanzia dei depositi annunciata dal governo americano, il problema resterà circoscritto. Non vedo il rischio che la crisi si allarghi a macchia d’olio».

Come cambierà la politica monetaria sui tassi di interesse?

«Questo è un grosso punto interrogativo. Alcuni dicono che adesso la Federal Reserve starà più attenta ad aumentare i tassi, perché si cominciano a vedere i contraccolpi. Io non credo che ci saranno grossi cambiamenti di politica monetaria, soprattutto da parte della Bce in Europa. La Fed agisce per raggiungere due obiettivi: la stabilità dei prezzi e la piena occupazione. È la vigilanza a doversi fare carico di quello che sta succedendo dopo il fallimento di Svb».

I vertici di Bruxelles assicurano che non ci saranno conseguenze in Europa. Perché allora Wall Street regge e le borse europee crollano?

«Le borse europee hanno risentito quasi emotivamente di questa crisi. Quelle americane, invece, hanno avuto più tempo per metabolizzare le rassicurazioni delle ultime ore, grazie anche a ragioni di fuso orario. L’andamento ora per ora delle borse va preso con le dovute cautele. È vero: oggi c’è stata una reazione negativa delle borse, ma credo che le quotazioni verranno recuperate. Non c’è motivo di temere un contagio per le banche europee».

Perché è la borsa di Milano a soffrire di più?

«È difficile dirlo, anche se le differenze con le altre borse europee non sono così marcate. Di sicuro le banche italiane sono molto esposte ai titoli di Stato e questo può aver giocato un ruolo. Però rimane il fatto che il caso delle banche italiane è totalmente diverso da quello di Silicon Valley Bank, perciò anche qui credo che ci sarà un recupero delle quotazioni perse. Non bisogna guardare all’andamento giornaliero dei titoli: è un orizzonte temporale troppo breve».

In questi giorni il governo americano è intervenuto pubblicamente per calmare i mercati. Dovrebbe fare lo stesso anche l’Unione Europea? 

«Finora c’è stata una reazione dei mercati azionari, ma per il sistema bancario europeo non ci sono né campanelli d’allarme né corse agli sportelli. Di conseguenza, una presa di posizione delle autorità di vigilanza sarebbe prematura. Fa bene la Bce a intervenire con molta prudenza nelle dichiarazioni pubbliche».

Come evolverà ora la situazione?

«L’ipotesi più probabile è che, dopo Svb e Signature Bank, emergano altre banche del settore con problemi simili. Però, lo ripeto, credo che il problema resterà circoscritto a poche banche».

Foto di copertina: EPA/CJ GUNTHER | Una filiale di Silicon Valley Bank a Wellesley, nel Massachusetts (13 March 2023)

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