Inchiesta Covid, lo studio di febbraio 2020 sul tracciamento degli asintomatici ignorato dalle istituzioni italiane

Il documento faceva comprendere l’importanza del tracciamento degli asintomatici, ma per le autorità italiane non era necessario se non addirittura dannoso

Il pericolo del contagio da parte degli asintomatici era ben noto al Consiglio Superiore di Sanità fin da febbraio 2020. A rivelarlo è la Procura di Bergamo, che attraverso le indagini ricostruisce passo dopo passo le comunicazioni tra i responsabili della gestione della prima ondata Covid-19. Walter Ricciardi, nominato nel febbraio 2020 consigliere scientifico del Ministro Speranza, inoltrò un documento a Silvio Brusaferro, Francesco Maraglino, Giovanni Rezza, e Giuseppe Ruocco, nel quale si evidenziava il problema degli asintomatici Covid-19. Si tratta di uno studio dell’Imperial College di Londra, condiviso da Ricciardi il 25 febbraio 2020 alle ore 2:03, dove gli autori esprimevano il loro pessimismo sulla diffusione del Sars-CoV-2. Per la Procura si tratta di un documento estremamente rilevante che non è stato preso in particolare considerazione, visto quanto decretato dal Consiglio Superiore di Sanità in merito agli asintomatici il 26 febbraio 2020.


Lo studio dell’Imperial College di Londra porta le firme del Prof. Neil Ferguson e della Prof.ssa Christl Donnely, esperti nel campo della ricerca e nello sviluppo di modelli matematici della diffusione geofrafica di nuovi agenti patogeni come la SARS, la MERS, l’Ebola e la Zika. Walter Ricciardi, nell’inoltrare il documento, illustra ai colleghi l’autorevolezza dello studio riportando gli avvertimenti degli autori in merito alla dimensione numerica dei “casi nascosti” e del perché sia difficile identificare i “casi zero” provenienti dall’estero. Tra i punti citati da Ricciardi c’è quello relativo alle caratteristiche dei portatori, dove si stima che oltre due terzi dei casi provenienti dalla Cina sono rimasti «undetected», permettendo loro di diffondere il virus con contatti rimasti asintomatici e non diagnosticati. In un precedente rapporto, leggendo quanto scritto da Ricciardi ai colleghi, si stimava che in Cina il rapporto tra i casi diagnosticati e i casi reali fosse pari a 1/19 e che secondo la stima dei britannici non si escludeva che il 40-50% della popolazione possa essere contagiata.


Lo studio dell’Imperial College di Londra condiviso da Walter Ricciardi.

Tutte le pubblicazione del gruppo di lavoro di Neil Ferguson e Christl Donnely sono pubblici sul sito dell’Imperial College di Londra, nella sezione “Covid-19 reports“. L’autorevolezza non viene esclusivamente legata ai firmatari, riguarda anche l’ente dal quale vengono pubblicati. Infatti, gli studi sono il risultato del lavoro svolto dal MRC Centre for Global Infectious Disease Analysis, il centro di ricerca finanziato dall’Imperial College di Londra e dal’OMS. Lo studio inoltrato da Ricciardi è quello del 21 febbraio 2020 intitolato «Relative sensitivity of international surveillance» («Sensitività relativa dei sistemi di sorveglianza epidemiologica internazionali») dove leggiamo un riassunto anche nella lingua italiana: «In questo rapporto analizziamo i casi di COVID-19 esportati dalla Cina verso altre regioni e paesi, paragonando i tassi a cui vengono individuati e confermati i casi per volume di voli in ogni paese, al fine di stimare la sensitività relativa dei sistemi di sorveglianza nei diversi paesi. Sebbene il divieto di viaggiare da Wuhan e da altre città in tutta la Cina possa aver ridotto il numero assoluto di viaggiatori in entrata e uscita dalla Cina, stimiamo che circa due terzi dei casi di COVID-19 esportati dalla Cina continentale non siano stati individuati, con il rischio che questi abbiano dato il via a catene di trasmissione da persona a persona non ancora individuate fuori dalla Cina».

L’appunto del Consiglio Superiore di Sanità

Alle ore 11:36 del 27 febbraio 2020, due giorni dopo, il Presidente del Consiglio Superiore di Sanità Franco Locatelli inviava alla segreteria del Capo di Gabinetto un appunto per il ministro Speranza, intitolato “Documento relativo ai criteri per sottoporre soggetti clinicamente asintomatici alla ricerca d’infezione da SARS-CoV-2 attraverso tampone rino-faringeo e test diagnostico” dove veniva sottovalutato il problema degli asintomatici e l’importanza del loro tracciamento. Secondo la Procura, il Consiglio Superiore di Sanità ha ritenuto di procedere in tal modo contrariamente a quanto sostenuto dallo studio condiviso da Walter Ricciardi. Il documento del Consiglio, nonostante le considerazioni dell’Imperial College, sostiene che «in data 26 febbraio 2020, il livello d’infettività nel corso delle fasi asintomatiche/prodromiche delle infezioni da SARS-CoV-2 non è compiutamente noto». Secondo il parere dell’organo di consulenza tecnico scientifica del Ministero della Salute, «il contributo apportato da potenziali casi asintomatici nella dinamica della diffusione epidemica appare limitato» e che «in assenza di sintomi, pertanto, il test non appare al momento sostenuto da un razionale scientifico, in quanto non fornisce un’informazione indicativa ai fini clinici e potrebbe essere addirittura fuorviante».

Secondo il Consiglio Superiore di Sanità non andavano fatti i test PCR (noti comunemente come “tamponi molecolari”) a coloro che non presentassero sintomi, ritenendo che «trasferire un numero elevato di campioni che risulteranno poi essere, nella larghissima maggioranza dei casi, negativi a laboratori di virologia che, comunque, devono svolgere normale attività diagnostica per altri tipi d’infezioni virali a potenziale impatto negativo sulla salute dei cittadini del nostro Paese, non sia scientificamente giustificabile e rischi di esitare in un danno per altre priorità sanitarie di ordine virologico/infettivologico».

Il verbale del CTS

In merito ai “tamponi molecolari”, nel verbale del CTS del 24 febbraio 2020 veniva espresso un parere proprio sulla valutazione dei casi e in quali sarebbe stato necessario effettuare il test, sostenendo che «in assenza di sintomi il test non è giustificato» raccomandando di conseguenza di non effettuare i controlli sugli asintomatici in quanto non avrebbero fornito «un’informazione indicativa sui dati clinici» rendendo «i dati non omogenei con gli altri diffusi dall’OMS». Secondo quanto espresso nell’informativa dalla Procura di Bergamo, la definizione di caso valeva solo a fini di segnalazione, statistici e di sorveglianza, non a fini clinici.

Secondo il bollettino del 31 gennaio 2020, l’OMS riteneva che i test potessero essere effettuati in maniera più ampia, attraverso la sorveglianza sentinella e se le risorse lo permettono, per valutare meglio l’intera estensione della circolazione del virus. Infine, l’Organizzazione Mondiale della Sanità indicava che i medici, in base al loro giudizio clinico, i medici possono decidere di far effettuare il test ai pazienti anche se questi non soddisfano strettamente la definizione di “caso”.

Il bollettino del 31 gennaio 2020

La Procura di Bergamo, di fronte agli elementi raccolti, afferma con chiarezza che il Ministero della Salute e i membri del CTS fossero a conoscenza del problema degli asintomatici e non si comprende come si sia presa la decisione di non estendere i “tamponi molecolari” ritenendo che non fosse giustificato. Di fatto, secondo la Procura, emergerebbe che tutte le indicazioni ricevute dai protagonisti dell’indagine non siano mai state percepite dal Ministero.

I risultati dell’Imperial College e il Governo Johnson

Il lavoro dell’Imperial College di Londra risultò fondamentale nel corso dei primi mesi della pandemia nel Regno Unito. Lo studio del 16 marzo 2020, intitolato «Impatto delle misure non farmacologiche per la riduzione della mortalità e della domanda di assistenza medica da COVID-19», venne condiviso con il Governo di Boris Johnson prima della sua pubblicazione, dal quale prese spunto per le misure restrittive successivamente approvate per il contenimento del virus. Questo comportò una lunga serie di attacchi diffamatori nei confronti di Neil Ferguson da parte dei media di destra e dei negazionisti della Covid, finendo per essere sopranominato «Professor Lockdown».

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