Congresso Cgil, prove d’intesa Conte-Schlein: «Partiamo dal salario minimo». Calenda si chiama fuori e litiga con la platea – I video

Con Nicola Fratoianni i leader dei principali partiti di opposizione a Rimini per il congresso del sindacato. Dove domani arriva Giorgia Meloni

Il segretario della Cgil, Maurizio Landini, fa da padrone di casa alla tavola rotonda che vede riuniti i leader dei principali partiti di opposizione. Nell’attesa dell’arrivo a Rimini, domani 17 marzo, di Giorgia Meloni, sono ospiti del XIX congresso del sindacato federale Elly Schlein, Giuseppe Conte, Carlo Calenda e Nicola Fratoianni. L’idea di unità, però, svanisce subito quando il frontman del Terzo polo prende la parola: «Potrei governare con le persone che sono qua? No, non condivido la linea di politica estera. Io sono convinto che in Ucraina si stia combattendo una battaglia di resistenza. Non sono assolutamente convinto che la politica del M5s e anche quella del Pd, per quanto riguarda l’ambiente e l’energia, siano compatibili con la possibilità di mantenere la manifattura in questo Paese. Servono undici termovalorizzatori tra Centro e Sud Italia». Non sono mancati i fischi, dalla platea, indirizzati a Calenda. Il quale, ricorrendo spesso al romanesco, risponde: «Volete che vi dico quello che penso o no? Amici belli, fate manifestazioni per la libertà di pensiero e ora lasciatemi parlare». Applausi scroscianti, invece, arrivano alla neo-segretaria Dem. Schlein esplicita di voler provare a unire il centrosinistra e costruire un’alternativa alla destra: «Chiudiamoci in una stanza, non usciamo fino a notte e troviamo qualcosa da fare insieme piuttosto che far vincere quegli altri».


«Noi non siamo qui a fregarci tra noi qualche voto, ma a interrogarci dove si è spezzato un filo tra politica e elettori per cui il 60% non va a votare e partendo da qui provare insieme a costruire un’alternativa. Il confronto fatto qui oggi lo dobbiamo proseguire su tutti i temi d’opposizione». E ancora: «Io sono disposta da subito a ragionare di come cambiare la nostra proposta e di come trovare una proposta unitaria». Il suo appello alla collaborazione in chiave antigovernativa, accolto tiepidamente da Calenda, trova terreno fertile – almeno a parole – in Conte e Fratoianni. Il presidente 5 stelle, sul palco, conia la definizione di «patto delle opposizioni». Cominciando dal salario minimo, tema dell’interrogazione di ieri fatta da Schlein a Meloni e che, quasi in contemporanea, è stata rivendicata da Conte su Twitter. Il segretario di Sinistra italiana, invece, parla di una più ampia «piattaforma dei diritti civili e sociali» da cui attingere le forze per contrastare insieme il centrodestra.


Impossibile entusiasmare Calenda, il quale prima attacca – «la patrimoniale? Occhio che se famo male tutti quanti» – poi lascia accesa una flebile speranza: «Ci sono differenze profonde, ma provarci è un dovere». Speranza che torna a spegnersi quando Conte tira in ballo l’argomento Jobs act: «Dobbiamo contrastare la precarietà e ritrovarci su un punto: tutto ciò che ha rappresentato e realizzato il Jobs act è un fallimento». Calenda non ci sta e risponde al leader 5 stelle anche quando quest’ultimo lo accusa di aver votato insieme con la destra: «A me va bene tutto, ma mi dite quando avrei votato con la destra? Sulla guerra? Ah, allora ho votato anche col Pd: il Pd è di destra? Noi con la destra non abbiamo mai votato, informatevi invece di fare i pecoroni. Io cerco di fregare un po’ di voti a destra – aggiunge -, voi ve li fregate tra di voi. Se c’è qualcuno che li frega a destra, dovrebbe farvi comodo anche se è un po’ più liberale».

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