Crisi bancarie, Visco: «Negli istituti europei non ci sono problemi di liquidità». Gentiloni: «Le nostre regole sono forti e valide»

A Milano, il governatore di Bankitalia e il commissario europeo per l’Economia parlano dell’emergenza che ha coinvolto alcune banche del Vecchio e del Nuovo continente

Università Bocconi, Milano. All’evento organizzato da Repubblica per il lancio del nuovo Affari&Finanza, intervengono Ignazio Visco e Paolo Gentiloni. Il tema non può che essere quello delle recenti crisi che hanno coinvolto alcuni istituti di credito, negli Stati Uniti e in Europa (ma fuori dall’area euro). «Possono avere un impatto e rappresentano un ulteriore elemento di incertezza, anche se l’economia ha dimostrato una resilienza superiori alle attese», ha chiarito il governatore di Bankitalia. Il quale, poi, ha precisato: «I problemi di Credit Suisse non sfuggivano ai radar. Noi in Europa abbiamo tutti gli strumenti per fronteggiare crisi di liquidità e non rileviamo nelle nostre banche problemi di capitalizzazione e liquidità». Quello che ha di fronte il sistema finanziario europeo è semmai, ha aggiunto Visco, «un problema di rischi di contagio, perché la fiducia è qualcosa di molto impalpabile da mantenere e la vigilanza ne è ben consapevole». Sul fronte della politica monetaria, Visco ha ricordato che la «stella polare» da seguire deve essere quella di «riportare l’inflazione al 2%». Per il governatore, «la direzione sui tassi è chiara, anche se occorre agire con prudenza e valutare caso per caso, sulla base dei dati disponibili». Insomma, ha rimarcato lo stesso concetto espresso qualche giorno fa da Christine Lagarde.


Il commissario europeo per l’Economia Gentiloni, invece, ha strigliato i politici italiani, poiché «prestano attenzione al Ponte sullo Stretto e alla flat tax, ma c’è un problema di estrema attualità che è il Pnrr. È una corsa contro il tempo, lo sapevamo. Ma sapevamo perfettamente anche che mettere insieme 191 miliardi tra prestiti e sovvenzioni per l’Italia sarebbe stata però una grandissima leva, non solo per risollevare l’economia dopo il Covid, ma anche per fare riforme sbloccare alcuni investimenti. Certo, mano a mano che si procede la sfida diventa più impegnativa nel momento in cui si passa alla fase della messa a terra dei fondi a livello locale». Gentiloni, oltre al Piano nazionale di ripresa e resilienza, ha inquadrato come seconda sfida per il nostro Paese quella ambientale: «Quale ruolo vuole svolgere l’Italia? La seconda manifattura europea non può essere relegata ad una politica che trascina i piedi o che sogna di tornare ad altre epoche. La transizione c’è e non si può essere l’ultimo vagone». Il 2023, che si preannuncia «pieno di incertezze», a detta del commissario andrebbe affrontato «con una certa fiducia. Il mondo della manifattura in Italia si è molto modernizzato. Ora bisogna affrontare un anno dove emergeranno tanto dilemmi. Il primo: l’Italia cresce poco, ha dei livelli di crescita inferiori agli altri Paesi. La scarsa crescita richiede riforme e la necessità di attrarre investimenti».


Le prossime tappe del Pnrr

Gentiloni, rivolgendesi alla platea, ha annunciato quali dovrebbero essere i prossimi step della messa a terra del Pnrr. «La Commissione sta ora esaminando la richiesta presentata a dicembre da Roma della terza tranche. Abbiamo concordato col governo italiano di prenderci qualche settimana in più, rispetto alla scadenza prevista di fine febbraio, per fare verifiche più approfondite. Dopodiché, nel 2023 ci saranno probabilmente altre due tranche di finanziamenti, per un totale di circa 34 miliardi di fondi: quasi il valore di una Finanziaria. Da parte della Commissione Ue – ha rimarcato Gentiloni – non c’è alcuna rigidità. Abbiamo già dato l’ok alle modifiche dei piani di diversi Paesi, tra cui Germania e Lussemburgo. A Bruxelles c’è disponibilità totale. So che il governo italiano sta lavorando a testa bassa sulle modifiche da proporre alla Commissione. Ma non dobbiamo minimamente abbassare la guardia. La sfida è ora mettere a terra questa grande mole di risorse. Dobbiamo quindi rimboccarci le maniche, a Bruxelles come a Roma. Perché se non funziona sarà molto difficile mantenere strumenti Ue messi in piedi essenziali per la crescita. Non possiamo permetterci che il primo piano di eurobond fallisca». Il commissario è intervenuto anche sui recenti scossoni che hanno colpito diversi istituti di credito: «Sono due crisi diversissime, quella di Svb e Credit Suisse. Ma la reazione delle autorità è stata forte ovunque. Dobbiamo rassicurare che le nostre regole di supervisione sono forti e valide, e dobbiamo affrontare il problema dell’inflazione e della crescita. Non siamo abituati all’alta inflazione, ma non è un problema solo dei banchieri centrali: lo è per le famiglie e per le imprese».

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