Celleno, il borgo fantasma del Lazio nato prima di Roma. Ed è alle origini della storia stessa d’Italia – Il video

C’è un borgo – e quasi non c’è più – in cima alle colline di tufo del viterbese che nacque prima di Roma e che è all’origine del paese chiamato Italia. Se ne trova la prima traccia scritta nelle “Antichità romane” scritte da Dionigi (noto anche come Dioniso) di Alicarnasso. Fu lui a scriverne nel primo libro tradotto in italiano volgare nella versione ottocentesca dell’abate Marco Mastrofini di Frascati: «Col volgere degli anni fu detta Italia per un uomo potentissimo, Italo nominato. Antioco di Siracusa, lo dipinge per uomo destro e filosofo, il quale convincendo molti popoli col dire e molti colla forza, ridusse in potere suo quanto v’è fra il golfo Napitino e quello di Scilla: e quel tratto fu il primo che Italia da Italo si dicesse». Secondo Dionigi Italo era il padre di Sicolo, da cui venne la Sicilia. E di Remo, partorito dalla moglie Elettra per fondare Roma. Ebbe anche una figlia, Cilena, uccisa giovinetta mentre il padre era in battaglia. Ed è per lei che su una collina di tufo Italo volle costruire una città, Celleno.


Una storia secolare, che la fece resistere a terremoti spaventosi ed epidemie. Non al sopralluogo che nel luglio del 1951 fece l’allora ministro dei lavori pubblici del sesto governo di Alcide De Gasperi. Il risultato fu tragicamente noto ai discendenti di Italo la vigilia di Natale di quello stesso anno, quando il 24 dicembre 1951 il presidente della Repubblica, Luigi Einaudi decretò: «l’abitato di Celleno limitatamente alla zona circoscritta in rosso nell’allegata planimetria è cancellato», e tutti gli abitanti trasferiti in altra area a circa 1,5 km di distanza in base alla legge del 1919 sul «trasferimento di abitati minacciati da frane». Quel che non poterono i secoli, fece dunque il tufo attraversato dalle piogge.


La storia della città nata in memoria della povera figlioletta di Italo finì lì e ancora oggi gli abitanti di Celleno sono dove costretti a ricominciare, in un paese del Novecento che si stende fino a un km dalla collina di tufo. Ma un mezzo miracolo in realtà è accaduto. Perché la collina che iniziò a franare si arrestò. E anche i terremoti in zona danneggiarono solo la chiesa del borgo, con il tetto e parte delle mura venute giù. Ma il resto del borgo senza più abitanti è restato in piedi.

Nel 2018 agli abitanti della nuova Celleno venne in mente di sistemare rovine e strade del vecchio borgo, che almeno fosse visitabile da chi passa di lì. Ed è nato il “borgo fantasma”- l’unico del Lazio- abitato solo da qualche pecora che pascola ai margini e da una asinella. Non ci sono abitanti, ma sono rinate per i visitatori le antiche botteghe che esistevano fino a quando tutti non sono stati trasferiti di lì: quella del pane, quella del fabbro, le cantine dove si produceva e conservava il vino. E il borgo fantasma è stato adottato dal Fai, che lo mantiene e lo arricchisce anche con alcune esposizioni temporanee che attirano migliaia di turisti grazie anche alla vicinanza con una delle mete più note e visitate del viterbese: a 15 km da Celleno sorge infatti Civita da Bagnoregio, la “città che muore”, più o meno per lo stesso motivo, ma ancora abitata qua e là. La distanza è di poco più di un’ora di auto da Roma, ma Celleno è servita anche con linee di bus e vale senza dubbio la pena di essere visitata camminando per le stradine e godendosi la straordinaria vista in cima dove si spazia dal Terminillo al Soratte dominando anche la Sabina sferzati dal vento che nelle giornate di primavera e anche di estate rende tutto assai piacevole.

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