Cos’è la carne sintetica vietata dal governo, come si ottiene il cibo in vitro e perché gli animalisti sono arrabbiati

Il cibo in vitro è legale negli Stati Uniti. Il vantaggio è che si possono ottenere chili di carne senza uccidere animali. E abbattendo l’inquinamento degli allevamenti

Lo stop alla carne sintetica è una delle norme varate dal consiglio dei ministri di ieri. I ministri dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e della sanità Orazio Schillaci hanno spiegato durante la conferenza stampa che il governo vieta così produzione e vendita in Italia di cibi sintetici, come le “nuove” carni prodotte in laboratorio da cellule animali. Più in dettaglio la norma introduce uno stop alla «produzione e all’immissione sul mercato di alimenti e mangimi sintetici». Ovvero quelli «costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o da tessuti derivanti da animali vertebrati». Le sanzioni amministrative pecuniarie vanno «da un minimo di euro 10 mila fino ad un massimo di euro 60 mila, ovvero fino al 10% del fatturato totale annuo realizzato nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente all’accertamento della violazione, quando tale importo è superiore a euro 60 mila».


Le staminali e il bioreattore

Alla violazione consegue «la confisca del prodotto illecito, l’applicazione delle sanzioni amministrative del divieto di accesso a contributi, finanziamenti o agevolazioni o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, da altri enti pubblici o dall’Unione europea per lo svolgimento di attività imprenditoriali, per un periodo minimo di un anno e fino al massimo di tre anni, nonché la chiusura dello stabilimento di produzione, per lo stesso periodo». Ma la norma del governo Meloni ha fatto arrabbiare gli ambientalisti e gli animalisti. Vediamo perché. Ma prima di tutto va spiegato come si ottiene la cosiddetta carne in vitro. La procedura, illustrata oggi dal Corriere della Sera, prevede:


  • il prelievo di cellule con una biopsia da un animale vivo o da carne fresca;
  • l’estrazione delle cellule staminali;
  • la proliferazione delle cellule in una soluzione nutritiva all’interno di un bioreattore;
  • la lavorazione delle fibre muscolari;
  • la produzione finale della carne sintetica.

La carne sintetica è legale oggi negli Stati Uniti e a Singapore. Il vantaggio della carne in vitro è che da una sola cellula si possono ottenere 10 mila chili di carne in poche settimane. E senza uccidere e macellare animali.

Il primo hamburger sintetico

In più il cibo sintetico è considerato uno strumento per abbattere l’inquinamento derivato dagli allevamenti. Che oggi è responsabile del 14,5% del gas serra, oltre che di consumo dell’acqua e di suolo. L’università di Maastricht ha realizzato nel 2013 il primo hamburger in laboratorio. All’epoca la spesa fu di 290 mila euro. Adesso, ricorda il quotidiano, un petto di pollo da 160 grammi costa circa 4 dollari secondo i dati della Future Meat Technologies. Entro il 2030, secondo un’analisi di McKinsey, la carne sintetica costerà quanto quella animale. Gli analisti di Barclays stimano che il business della carne sintetica raggiungerà i 450 miliardi di dollari nel 2040. Ovvero un quinto dell’intero mercato globale della carne. In Italia c’è Bruno Cell: una startup nata nel Centro di Biologia Integrata di Trento, progetto dell’Università insieme alla Provincia Autonoma.

«Una definizione volutamente erronea»

Ieri la Coldiretti ha esultato per la decisione del governo. Secondo l’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa) invece quella di carne sintetica è una definizione «volutamente erronea, atta a suscitare un’ingiustificata repulsione. In realtà si tratta di carne coltivata derivante da cellule, un prodotto alimentare che viene realizzato utilizzando cellule animali. Si tratta di una produzione che offre una soluzione a diversi problemi correlati alla produzione della carne: una produzione che non lede il benessere animale, la sostenibilità ambientale e la sicurezza alimentare». L’Oipa ricorda che, secondo i dati Nomisma, il mercato mondiale della carne in vitro ha già registrato importanti investimenti, pari a 1,3 miliardi. E il portavoce della Commissione europea Stefan De Keersmaecker ha parlato di un possibile via libera in Ue al cibo prodotto in laboratorio a patto che rispetti gli standard nutrizionali.

«La decisione spetta a Bruxelles»

«Dal punto di vista del benessere animale, la carne coltivata è un’alternativa etica alla produzione di carne, che comporta mesi o anni di sofferenze in allevamento e che si conclude con l’uccisione degli animali», commenta il presidente dell’Oipa Massimo Comparotto. «Anche se la produzione di carne coltivata richiede l’utilizzo di cellule animali, può rappresentare un’alternativa cruelty free alla produzione di carne che può andare incontro a chi ancora non ha abbracciato la scelta vegetariana o vegana, che noi comunque auspichiamo», conclude. Gianluca Felicetti, presidente della Lega Anti Vivisezione, spiega che la carne coltivata «è un alimento tutt’altro che sintetico o non naturale. È già stata autorizzata in altri Paesi senza alcun problema per la salute umana e sulla quale operano già 107 società in 25 paesi fra i quali il nostro. Rappresenta a tutti gli effetti una concreta alternativa agli allevamenti intensivi e alla macellazione, poiché per essere prodotta non richiede la sofferenza e la morte di nessun animale. Quella di Lollobrigida è una crociata peraltro inutile perché la disposizione di autorizzarne o meno il consumo spetta, per decisione condivisa dall’Italia, non al nostro Parlamento ma all’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare prima, con sede a Parma, e poi alla Commissione di Bruxelles».

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