Botta e risposta sull’arresto del reporter Gershkovich. Il Cremlino: «L’abbiamo colto in flagrante», ma il Wsj: «Tutto falso»

Per la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, il lavoro di Evan Gershkovich «non ha nulla a che vedere con il giornalismo». Il quotidiano americano: «Profondamente preoccupati»

«Non si parla di sospetti, l’abbiamo colto in flagrante». È questa la spiegazione del Cremlino sull’arresto del reporter del Wsj, Evan Gershkovich, con l’accusa di spionaggio che – sulla base dell’articolo 276 del Codice penale – prevede condanne fino a 20 anni di reclusione. E a ribadirlo è il portavoce del governo russo, Dmitry Peskov, citato da Ria Novosti. A rincarare la dose è la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, che su Telegram ha sottolineato come il lavoro del reporter americano «non ha nulla a che fare con il giornalismo». Per la Zakharova non è la prima volta «che lo status di “corrispondente straniero”, il visto giornalistico e l’accreditamento vengono utilizzati da stranieri nel nostro Paese per coprire attività che non sono giornalismo. Questo non è il primo noto occidentale ad essere “pizzicato”», ha concluso. Il Wall Street Journal, dal canto suo, si è detto «profondamente preoccupato» per l’incolumità di Gershkovich e ha «negato con veemenza le accuse dell’FSB», chiedendo l’immediato rilascio «del nostro fidato e scrupoloso reporter», si legge nel comunicato citato da Reuters. Secondo quanto riferito dall’intelligence russa, il reporter «su istruzione degli Stati Uniti, stava raccogliendo a Ekaterinburg informazioni su una delle imprese del complesso militare-industriale russo, che rappresentano un segreto di Stato». Oltre alla città degli Urali, il giornalista americano – scrive Meduza, citando «giornalisti locali che lavorano a Mosca» – si era recato a Nizhny Tagil, un’altra città russa dove è situato uno stabilimento dell’industria della difesa Uralvagonzavod, che produce carri armati. Sulla vicenda è intervenuto pure il fondatore della Wagner, Yevgeny Prigozhin, che rispondendo a un commento fatto da una giornalista del Daily Mail, ha ironizzato su quanto accaduto: «Se vuoi posso controllare la stanza delle torture di casa mia per vedere se è qui, ma non mi pare di averlo visto tra le decine di giornalisti americani che tengo lì». Gershkovic si trovava proprio a Ekatirenburg per un articolo sul gruppo Wagner e su quello che pensavano i cittadini russi dei mercenari di Prigozhin.


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