Caso Trump, i repubblicani accusano George Soros: «Quel procuratore finanziato da lui». Vero? Ecco come è andata

Il fact checking del New York Times sulle accuse dei repubblicani

«È stato George Soros!». Nelle ore immediatamente successive all’incriminazione di Donald Trump lo stato maggiore del partito repubblicano ha fatto partire una sorta di shit-storm su Twitter sostenendo che il procuratore distrettuale Alvin Bragg che ha firmato l’atto sia una pedina nelle mani del finanziere americano di origine ungherese. Lo ha attaccato Ted Cruz, sostenendo che «il procuratore distrettuale di Manhattan, sostenuto da Soros, ora sta forzando la legge per prendere di mira un avversario politico». Il governatore della Florida, Ron DeSantis, ha annunciato che il suo stato non sarà collaborativo di fronte a una richiesta di estradizione “date le discutibili circostanze di questo procuratore di Manhattan sostenuto da Soros e dalla sua agenda politica”. Non poteva mancare il figlio di Trump Eric: «Questo è ciò che ottieni dando a un politico disonesto un milione di dollari. Alvin Bragg è un burattino di Soros”. Per tutta la sera gli account repubblicani hanno sfornato più o meno le stesse accuse: il procuratore che ha incriminato Trump lo avrebbe fatto per desiderio di Soros che era un suo grande finanziatore.


Il fact checking del Nyt

In parte quello che i repubblicani dicono è vero. Lo ha certificato nei giorni scorsi il New York Times in un suo fact checking. In effetti la campagna elettorale di Bragg nel 2021 è stata sostenuta da un gruppo progressista, Color of Change, che finanziava i procuratori progressisti e riformisti. A Bragg Color of Change aveva promesso un milione di dollari di contributo anche accollandosi direttamente alcune spese di propaganda della sua campagna. Dopo avere preso quell’impegno con Bragg Color of Change ha ricevuto una donazione di un milione di dollari da Soros. Color of Change sosteneva anche altre campagne elettorali di procuratori, e a dire il vero non ha mantenuto a pieno l’impegno, spendendo nel suo caso la metà di quanto promesso: 500 mila dollari, pari all’11% della somma spesa da Brigg nella sua campagna elettorale (4,6 milioni di dollari secondo Open Secrets, il sito che è una bibbia sui finanziamenti della politica americana).


Color of Change

Il legame sia pure indiretto fra Brigg e Soros dunque esiste. Un portavoce di Color of change ha spiegato però al New York Times che «il gruppo esamina e intervista i candidati procuratori distrettuali riformisti ogni ciclo elettorale, e che il processo è indipendente dai finanziatori. Soros è stato solo uno dei tanti grandi donatori del gruppo. Tra i donatori passati ci sono membri della ricca famiglia Pritzker, il co-fondatore di Facebook Dustin Moskovitz e il gruppo hip-hop Beastie Boys». La testata ha sentito anche un portavoce di Soros, Michael Vachon, che ha spiegato: «George Soros e Alvin Bragg non si sono mai incontrati di persona né hanno mai parlato per telefono, e-mail, Zoom, eccetera. Non c’è stato alcun contatto tra i due». Lo stesso Soros ha rivendicato apertamente l’anno scorso sul Wall Street Journal il suo sostegno finanziario a procuratori riformisti pronti a cambiare la giustizia. L’articolo si concludeva così: «Ho sostenuto l’elezione (e più recentemente la rielezione) di procuratori che sostengono la riforma. L’ho fatto in modo trasparente e non ho intenzione di smettere».

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