Milano, muore a 19 anni il portiere della squadra rifugiati. Il club: «Siamo senza fiato». E organizza la raccolta per rimpatriare la salma

Souleymane Ndione era arrivato in Italia a 16 anni come minore non accompagnato: poi si era distinto nell’Asd Rinascita Refugees e stava iniziando a lavorare come saldatore

Souleymane Ndione è morto a 19 anni a Milano, probabilmente per un malore, nel letto di casa di suo zio che lo ospitava durante il suo soggiorno di un mese in Lombardia per iniziare a lavorare come saldatore. Originario del Senegal, in Italia era arrivato tre anni fa, a 16 anni, come «minore non accompagnato» e si era stabilito in Puglia. Ndione aveva iniziato a giocare nell’Asd Rinascita Refugees di Carmiano, in provincia di Lecce, dove si era fatto notare per il suo talento e il suo istinto, come ha ricordato oggi la società in un messaggio di addio al suo giocatore. «Si è fatto notare per la sua prestanza fisica e per l’istinto felino tra i pali, un talento naturale che pian piano i mister hanno saputo affinare. Un carattere istrionico, tipico di chi nel calcio sceglie di essere il portiere. Una rarità ma anche una sicurezza che la squadra ha saputo coccolare far crescere in capacità e sicurezza», scrive il club, «ancora minorenne, è stato protagonista nei tornei nazionali organizzati del progetto Rete, organizzati dalla Figc settore giovanile e scolastico, arrivando a vincere il campionato nell’edizione 2021 e risultando il migliore portiere del campionato». Nel post su Facebook la squadra rende esplicito il proprio dolore: «Siamo sconvolti, senza fiato. Siamo tutti affranti dal dolore per una giovanissima vita finita troppo presto. Ciao Souleymane ti sia lieve la terra».


Il ricordo del mister

Hassane Niang, allenatore dell’Asd Rinascita Refugees, a la Repubblica ha raccontato il percorso di vita del ragazzo. «Da un mese era andato via da noi, per raggiungere Milano perché lo zio e il fratello gli avevano trovato una possibilità di lavoro. Qui da noi oltre a giocare al calcio aveva frequentato alcuni corsi di formazione e si sentiva pronto per lavorare. Avrebbe voluto fare il saldatore», spiega l’allenatore, «aveva anche fatto qualche provino per squadre di buon livello ma era un ragazzo con la testa sulle spalle e quando è stato possibile è andato via per trovarsi un lavoro. Per questo motivo ha accettato di andare a Milano per fare l’operaio specializzato». E poi racconta la promessa che si erano fatti: «Se si fosse trovato male sarebbe tornato da noi, nel Salento, per continuare a parare e studiare». Ora i suoi compagni di squadra stanno organizzando una raccolta fondi per permettere il ritorno della salma in Senegal, dalla sua famiglia.


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