Paura o strategia politica: cosa c’è dietro le minacce di Prigozhin

In sei mesi di battaglia, il suo esercito è stato decimato. Ma Bakhmut non è caduta

Le forti parole pronunciate ieri, 5 maggio, da Yevgeny Prigozhin (che ha minacciato di ritirare la Wagner a Bakhmut, cedendo le sue posizioni all’esercito russo) rafforzano l’immagine muscolare e spietata che vuole offrire di sé. Ma, secondo l’analisi di Anna Zafesova su La Stampa, c’è di più: la volontà di mandare un messaggio politico contro i generali russi. Non è la prima volta, infatti, che il capo dei mercenari si scaglia contro il ministero della Difesa russo, accusato di non fornirgli le armi necessarie per la sua vittoria. Una foga che forse tradisce l’esasperazione per un successo che non arriva: dopo nove mesi, Bakhmut non è caduta. E i Wagner, che su la città hanno scommesso tutto, invece di portare Putin al trionfo sono stati mandati avanti dai generali a farsi massacrare.


Accuse e strategie

Lo Stato maggiore ucraino però è che scettico sull’addio della Wagner a Bakhmut. «Queste dichiarazioni – ha dichiarato il Gur, il servizio militare – significano che non può mantenere la promessa di catturarla entro il 9 maggio e cerca un altro colpevole». Teoria condivisa da Dmitry Kuznets, esperto militare e redattore della testata indipendente Meduza, secondo cui «il rapporto di forze non è in favore della Wagner al momento e ora Prigozhin sta probabilmente cercando delle scuse per giustificare la lentezza dei progressi». In sei mesi di battaglia, il suo esercito è stato decimato. In compenso, al gruppo Wagner si è unito come vice comandante lo stesso ex viceministro della Difesa, Mikhail Mizintsev, il “macellaio” di Mariupol destituito a fine aprile. Sembra che adesso cresca la tensione tra Prigozhin e Shoigu per buttarsi vicendevolmente addosso il peso dell’insuccesso. Nel frattempo, l’esercito del Cremlino avrebbe osservato e imparato dai mercenari, iniziando a reclutare i galeotti senza appaltarli ai Wagner, mentre gli eserciti privati di contractor stanno proliferando. Dunque la figura di Prighozin si sta trasfigurando in quella di una vittima del regime, invece che di un suo soldato. A testimoniarlo sono le sue invettive contro i generali che «stanno nei loro uffici rivestiti di mogano», «vanno nei club esclusivi» mentre i loro figli «girano video su YouTube».


Un messaggio al pubblico

Alcuni blogger russi, riporta Repubblica, ipotizzano che «Prigozhin ha piani diversi e vuole mantenere intatta la spina dorsale delle sue unità col pretesto della fame di proiettili per ritirarle prima del contrattacco». Lo stesso Prigozhin ha inventato la “fabbrica dei troll” che ha trasformato i fake in Rete in una industria e uno strumento politico. Ma adesso sembra voler squarciare di suo pugno il velo della propaganda. Le immagini pulp in cui mostra l’inferno in cui combatte non sono un semplice attacco indiretto a Putin, ma anche un messaggio all’opinione pubblica.

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