Riforme, Meloni chiude le consultazioni: «Dalle opposizioni apertura sull’elezione diretta del premier: ne terremo conto»

La premier riassume il senso della lunga giornata di incontri sulle riforme istituzionali alla Camera: «Il confronto prosegua, ma non perderemo quest’occasione»

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha concluso gli incontri svolti oggi con le delegazioni di tutti partiti d’opposizione sulle riforme costituzionali. In rappresentanza del governo, oltre alla premier, erano presenti anche i due vicepremier Tajani e Salvini, il ministro per le Riforme Elisabetta Casellati, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, i sottosegretari alla Presidenza Mantovano e Fazzolari, e il costituzionalista Francesco Saverio Marini. A riassumere, dal suo punto di vista, l’esito degli incontri della lunga giornata di “consultazioni” è stata la stessa premier, dandone conto ai giornalisti nella sala stampa della Camera. «È stata una giornata di dialogo proficua», ha sintetizzato Meloni, ringraziando tutte le forze di opposizione per la disponibilità al confronto, definito «franco e collaborativo». Ora, «sulla base delle indicazioni emerse prepareremo la nostra proposta». Quali le indicazioni emerse, dunque? Pur nella grande diversità di vedute tra i diversi partiti, ha rimarcato la premier, certamente è emersa con chiarezza una «chiusura a monte» sulle ipotesi di un sistema presidenziale o semi-presidenziale, una maggior apertura invece, pur definita «timida» sullo scenario istituzionale dell’elezione diretta del premier (cosiddetto “sindaco d’Italia”). Un esito che «terremo in considerazione», ha assicurato Meloni. La quale ha ribadito di essere aperta al confronto tanto sul merito quanto sul metodo per il prosieguo del confronto tra governo e opposizioni, ma ha avvertito al contempo di non essere disposta a tollerare tattiche dilatorie. La ragione, dal suo punto di vista, l’impegnò chiaro di riforma delle istituzioni preso coi cittadini alle ultime elezioni. «Tutti si rendono conto che instabilità della politica italiana, senza eguali nelle altre democrazie europee, ha prodotto danni molto importanti alla nostra nazione. I continui cambi di governo visti negli scorsi decenni non sono solo fatto estetico, ma un fatto di risposte. Mentre l’Italia cresceva di 4 punti di Pil, Francia e Germania crescevano di 20: a orizzonte corto di governo corrisponde politica di respiro corto», ha ricostruito la premier, secondo la quale «questa instabilità ha prodotto la nostra debolezza economica, e la disaffezione da parte dei cittadini. Si sono fatti e difatti governo dentro al Palazzo senza il loro parere. Mentre le istituzioni sono di proprietà dei cittadini». Insomma, ha ribadito la premier, nessuna preclusione nel proseguire ed allargare il confronto, ma «non possiamo permetterci di perdere anche quest’occasione di solidità, almeno per ora, della maggioranza e di orizzonte stabile per varare finalmente una riforma che consenta di immaginare progetti di lungo periodo e risponda così a ciò che i cittadini vogliono».


Il film della giornata

Ad aprire la lunga giornata di confronto tra governo e opposizioni è stato il Movimento 5 stelle. E il leader pentastellato Giuseppe Conte, dopo aver premesso di condividere «la diagnosi dei problemi relativi all’instabilità degli esecutivi», ma si è detto «contrario al presidenzialismo e al premierato», aprendo invece alla possibilità dell’istituzione «di una commissione ad hoc» per superare le problematiche. Anche il gruppo delle Autonomie e delle Minoranze linguistiche ha espresso condivisione per l’obiettivo di dare maggiore stabilità nel tempo agli esecutivi, ma ha altrettanto espresso scetticismo sul presidenzialismo: «La figura del Capo dello Stato non si deve toccare, abbiamo bisogno di una figura come quella del presidente Mattarella». Segnali di apertura sono arrivati invece dal Terzo Polo, con Carlo Calenda e Maria Elena Boschi che si sono detti «favorevoli all’indicazione del presidente del Consiglio sul modello del sindaco d’Italia», al superamento del bicameralismo perfetto, escludendo però l’elezione diretta del presidente della Repubblica. La delegazione di +Europa, oltre a bocciare il premierato, ha sottolineato che non ha ritenuto chiara la proposta dell’esecutivo, oltre gli obiettivi da perseguire ritenuti troppo aleatori. Anche i rappresentanti della coalizione di Verdi e Sinistra Italiana hanno bocciato sia il presidenzialismo, sia la proposta di bicamerale. A chiudere la giornata, infine, il primo incontro faccia a faccia tra la premier e la leader del Pd Elly Schlein, che al termine del colloquio, ha sottolineato come i Dem siano contrari sia all’elezione diretta del presidente del Consiglio, sia a quella del presidente della Repubblica, sottolineando che «le priorità del Paese sono altre» ma non escludendo la possibilità di ulteriori interlocuzioni, a patto che il loro esito «non sia predeterminato».


Schlein: «Le priorità del Paese sono altre. No all’elezione diretta del premier né del presidente della Repubblica»

E al termine della giornata, le consultazioni si sono concluse con il primo incontro diretto tra la premier Meloni e la segretaria dem Elly Schlein, che ha dichiarato: «Sottolineiamo che per noi questa discussione sulle riforme non è una priorità del paese: le priorità sono lavoro, sanità, Pnrr, clima, giovani e casa». La segretaria del Pd ha dunque continuato: «Ciò che non vogliamo e a cui non ci prestiamo è l’indebolimento di pesi e dei contrappesi previsti dalla Carta, così come non si tocca l’istituzione del presidente della Repubblica: non siamo per ridimensionare il ruolo del presidente della Repubblica verso un modello di un uomo o una donna sola al comando». Schlein ha anche bocciato la proposta del premierato, o del cosiddetto “sindaco d’Italia”: «Diciamo no all’elezione diretta del presidente della Repubblica e anche al premierato, il cosiddetto sindaco d’Italia, perché indebolirebbero il Parlamento». La segretaria del Pd ha inoltre fatto sapere che per proseguire il confronto sulle riforme istituzionali la delegazione del ha chiesto all’esecutivo «una moratoria sull’autonomia differenziata che sta procedendo scavalcando il Parlamento e i territori». Sul tavolo di confronto i dem hanno portato alcune proposte «per migliorare la stabilità e la rappresentanza». Secondo la leader del Pd questa strada è perseguibile «senza compromettere il ruolo del Parlamento, mentre alcuni correttivi sarebbero urgenti: riformare la legge elettorale per recuperare il rapporto tra rappresentati e rappresentanti e superare le liste bloccate. La seconda proposta guarda invece al modello tedesco: è l’istituto della sfiducia costruttiva, che evita crisi al buio, mentre la terza proposta consiste nel limitare la decretazione d’urgenza per far lavorare meglio Camera e Senato. Gli altri temi che abbiamo portato al tavolo con il governo sono il rafforzamento degli istituti referendari e delle leggi di iniziativa popolare, la legge sui partiti e quella sul conflitto di interessi». Schlein, concludendo il suo intervento, ha spiegando che durante il colloquio «il clima è stato franco, di discussione franca sul merito delle cose che il governo ha ritenuto di dirci e a cui abbiamo risposto affiancando le nostre proposte e la nostra visione». La segretaria dem non ha precluso la possibilità di ulteriori interlocuzioni: «Diciamo sì al confronto ma se è un confronto vero e non predeterminato. Se hanno deciso come va a finire, non è un vero confronto. Noi abbiamo chiarito la nostra contrarietà all’elezione diretta al presidente della Repubblica e del premier. Su tutto ciò che può contribuire a una maggiore stabilità, siamo disponibili al dialogo e continueremo ad avanzare le nostre proposte».

Bonelli e Fratoianni (Verdi-SI): «No al presidenzialismo, la Costituzione non va cambiata, ma applicata»

Dopo +Europa, è stata la volta della delegazione dei Verdi e di Sinistra Italiana. Al termine del colloquio con Meloni, il leader dei Verdi, Angelo Bonelli, ha dichiarato: «Abbiamo comunicato l’indisponibilità a sostenere riforme in chiave presidenzialista con elezione diretta, perché va tutelata la figura del presidente della Repubblica». Il segretario di SI, Nicola Fratoianni, ha invece osservato che «da 30 anni si tenta di rafforzare i poteri dell’esecutivo a danno del Parlamento: abbiamo detto alla premier che bisogna fare il contrario e restituire il potere di scelta ai cittadini. Abbiamo espresso la nostra netta contrarietà nei confronti delle ipotesi ventilate: la Costituzione non va cambiata, ma applicata». Entrambi gli esponenti si sono detti contrari all’ipotesi della bicamerale: «La bicamerale è un percorso che non ci convince, se le riforme vanno fatte è per ridare centralità al Parlamento e la via principale è l’articolo 138 della Costituzione».

Magi e Della Vedova (+Europa): «Non abbiamo capito quale sia la proposta di Meloni sulle riforme. No al sindaco d’Italia»

Dopo il Terzo polo è stato il turno della delegazione di +Europa. E al termine del colloquio con i rappresentanti del governo, il segretario Riccardo Magi ha dichiarato: «Abbiamo posto una questione di metodo democratico: quando si discute di riforme si dovrebbe avere la massima attenzione. L’attuale maggioranza ha conseguito il 43% dei consensi, che si è tradotto nel 60% dei seggi e questo farebbe impallidire la legge truffa. L’eventualità di una strada che porti alla commissione bicamerale a nostro avviso dovrebbe essere parametrata sui risultati proporzionali delle ultime elezioni». Riccardo Magi ha poi osservato che attualmente «ci sono sei decreti legge pendenti e ne sono stati già approvati 16: vuol dire che il governo ha un’autostrada per dispiegare la sua azione. Semmai c’è da ridare un senso al Parlamento». E concludendo, il segretario di +Europa ha dichiarato: «Ci è stato chiesto, al di là del metodo, che cosa pensiamo delle diverse opzioni per la stabilità: per Meloni equivale all’elezione diretta, ma noi crediamo che la stabilità si può dare guardando a 4 articoli della Costituzione tedesca e rafforzando i poteri del premier, sulla nomina dei ministri e la sfiducia costruttiva. Per noi l’ipotesi del sindaco d’Italia è una sciocchezza, perché darebbe luogo a un dualismo pericoloso tra premier e presidente della Repubblica». Dopo l’incontro, è intervenuto anche Benedetto Della Vedova, che ha dichiarato con nettezza: «Non abbiamo capito qual è la proposta di Meloni sulle riforme: ha detto detto che vuole andare in fondo sulla base del mandato elettorale, ma non si è capito questo mandato elettorale in cosa consistesse, perché una riforma costituzionale non è che si fa così, puoi cambiare tutto cambiando una virgola. Non abbiamo capito quale sia la proposta, gli obiettivi sono molto aleatori e si possono raggiungere facendo di tutto».

Calenda (Terzo Polo): «Per noi è possibile una collaborazione»

«Siamo disponibili a collaborare per l’ovvia ragione che anche noi condividiamo l’esigenza di avere maggiore stabilità dei governi e l’esigenza di avere una maggiore efficienza dell’apparato complessivo. Una collaborazione possibile per noi c’è. Abbiamo definito il perimetro d’intervento: per noi c’è una linea rossa assoluta che è la figura di garanzia di unità nazionale del presidente della Repubblica, l’unica istituzione che garantisce l’unità, toccarla sarebbe un errore grave. Siamo favorevoli all’indicazione del presidente del Consiglio sul modello del sindaco d’Italia: non faremo nessun Aventino». Sono le parole di Carlo Calenda al termine dell’incontro tra governo e delegazione del Terzo Polo, e a cui hanno partecipato, oltre al leader di Azione, il capogruppo alla Camera, Matteo Richetti, la deputata Maria Elena Boschi e la capogruppo al Senato, Raffaella Paita. Assente il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, che in precedenza si è detto favorevole all’elezione diretta del premier, ma non del Presidente della Repubblica. «L’obiettivo per noi – ha proseguito Calenda – è ribadire quello che abbiamo già detto in campagna elettorale: poteri del premier rafforzati, l’indicazione del premier, la possibilità per il premier di scegliersi i ministri e revocarli. Ma, a parte questo, mantenere intatti il potere e le prerogative del presidente della Repubblica. Perché il presidente della Repubblica è garante dell’unità nazionale in un paese di guelfi e ghibellini. Fare una discussione approfondita e seria sulla questione federalismo e autonomia. Che si discuta su tutto l’assetto dello Stato senza fare una fuga in avanti sull’autonomia».

Boschi: «Superare il bicameralismo perfetto. Non faremo quello che fece Meloni a noi quando eravamo al governo»

In tal senso «il sindaco d’Italia è una delle soluzioni – ha osservato ancora il leader di Azione -. Abbiamo bisogno di un premier con più poteri, una camera sola, una discussione su tutto ciò che funziona e non funziona del federalismo, e del presidente della Repubblica che rimane garante della Costituzione e dell’unità nazionale». Quanto alla proposta di Conte di istituire una commissione ad hoc per le riforme, Calenda ha osservato che «può essere uno strumento: mi aspetto che su questo il governo dica qualcosa perché non c’è per noi una pregiudiziale di metodo, ma ci sono alcuni punto saldi che vorremmo capire se il governo condivide oppure no». E Calenda ha concluso: «Siamo a favore di una scelta monocamerale e comunque a una distinzione fondamentale fra le due Camere». Per la delegazione del Terzo Polo è intervenuta anche l’ex ministra Boschi che ha ribadito: «Sì al premierato, ma serve superamento bicameralismo perfetto. Non faremo, ora che siamo noi all’opposizione, quello che fece Meloni a noi quando eravamo al governo nel 2016. Siamo aperti al ricorso di ogni strumento per fare le riforme: va bene la Commissione o l’articolo 138» della Costituzione. E Boschi ha infine ribadito: Da parte nostra non c’è una posizione pregiudiziale, ma di ascolto e di dialogo per il bene del Paese».

Unterberger (Autonomie): «Condividiamo obiettivo stabilità, ma siamo scettici sul presidenzialismo»

Dopo il M5s, è stata la volta della delegazione del Gruppo per le Autonomie e componente Minoranze linguistiche. Al termine del colloquio, la senatrice Juliane Unterberger ha dichiarato: «Abbiamo detto alla presidente che condividiamo in pieno il suo obiettivo di dare più stabilità al sistema politico italiano. Quasi ogni anno cambia il governo e tende a rifare tutto quello che è stato fatto dal predecessore. Pertanto, capiamo e siamo convinti anche noi che si dovrebbe trovare una soluzione per dare più stabilità». Malgrado ciò, il gruppo delle Autonomie ha espresso scetticismo sulla via da percorrere: «Possiamo discutere se questo obiettivo sia perseguibile con il premierato. L’unico punto sul quale siamo molto scettici è il presidenzialismo. Per noi Autonomisti e minoranze linguistiche la figura del Capo dello Stato non si deve toccare: abbiamo bisogno di una figura come quella del presidente Mattarella».

Conte: «M5s contrario a presidenzialismo e premierato»

Il primo incontro si è tenuto tra i rappresentanti delle forze di governo e la delegazione del MoVimento 5 Stelle, composta dal leader Giuseppe Conte e i capigruppo del M5s alla Camera e Senato, Francesco Silvestri e Stefano Patuanelli e dai capigruppo del M5s in commissione Affari costituzionali a Montecitorio e a palazzo Madama, Alfonso Colucci e Alessandra Maiorino. Al termine del colloquio, il leader del M5s ha dichiarato: «Abbiamo condiviso una diagnosi su alcune criticità: riconosciamo queste criticità a partire dal problema dell’instabilità degli esecutivi.Siamo assolutamente consapevoli che questo è un problema che dovremmo risolvere, come è un problema anche quello di garantire al Parlamento un percorso più funzionale. Il tema è che, almeno da questo primo incontro, non è venuta fuori una condivisione delle soluzioni». Conte ha poi aggiunto: «Siamo per soluzioni sensate e anche a un rafforzamento dei poteri del premier, ma in un quadro equilibrato, che non mortifichi il modello parlamentare che è molto utile per l’inclusività e favorisce la soluzione dei conflitti. E ci sta molto a cuore la funzione del presidente della Repubblica, che è di garanzia e serve alla coesione nazionale e ha un ruolo chiave». Il leader del M5s si è detto disponibile «a un dialogo in una commissione parlamentare costituita ad hoc, che possa dedicarsi con continuità e costanza a questa prospettiva. E anzi: raccomandiamo questo percorso». E l’ex premier ha infine concluso: «Abbiamo portato sul tavolo 11 proposte specifiche per evitare, tra l’altro, cambi di casacca e per promuovere il rafforzamento dei referendum propositivi. Abbiamo invitato il presidente Meloni a mantenere un’interlocuzione, perché definire l’assetto costituzionale del nostro Paese a colpi di maggioranza non è raccomandabile».

Meloni: «Bene se si arriva a scelte condivise, ma ho degli obiettivi da raggiungere»

Prima dell’inizio degli incontri alla Camera, la premier ha dichiarato «Auspico concretezza perché sul dialogo e sulla normalità del dibattito democratico credo che non ci debbano essere dubbi tra noi. Le istituzioni su questo devono fare il buon esempio. Cerco convergenze, bene se si arriva a scelte condivise, ma ho degli obiettivi da raggiungere». In precedenza, la premier aveva pubblicato un messaggio sui social: «Oggi una giornata di confronto con le opposizioni alla Camera dei deputati, nella Biblioteca del Presidente. Il Governo dialogherà con i rappresentanti dei partiti sulle riforme istituzionali necessarie all’Italia. Intendiamo ascoltare attentamente ogni proposta o critica, nel corso di quello che consideriamo un confronto importante per la nostra democrazia e per approvare misure improrogabili per il bene dei cittadini e della Nazione la presidente del Consiglio». Nelle scorse ore, Meloni aveva dichiarato: «Voglio fare una riforma ampiamente condivisa perché ho avuto il mandato dagli italiani e tengo fede a quel mandato. Voglio dire basta ai governi costruiti in laboratorio, dentro il palazzo, ma legare chi governa al consenso popolare: a me non interessa l’uomo solo al comando». E la premier ha subito chiarito: «Non accetto atteggiamenti aventiniani o dilatori. Faccio quello che devo fare». Insomma, la presidente del Consiglio non intende accettare veti. Le riforme si faranno comunque, a prescindere dal contributo o meno delle forze di minoranza. La riforma in senso presidenzialista è tra i punti in cima all’agenda della premier, ma nelle ultime ore sta prendendo sempre più piede l’ipotesi del premierato, ossia la l’elezione diretta del presidente del Consiglio da parte dei cittadini.

La diretta video

Il calendario degli incontri di Giorgia Meloni

  • 12.30 – Movimento Cinque Stelle;
  • 14.00 – Gruppo per le Autonomie e componente Minoranze linguistiche;
  • 15.15 – Gruppo Azione – Italia Viva – Renew Europe;
  • 16.15 – +Europa;
  • 17.30 – Gruppo di Alleanza Verdi e Sinistra;
  • 18.30 – Gruppo del Partito Democratico. 

Leggi anche: