Michela Murgia si sente come il gatto di Schrödinger: «Io, viva e morta contemporaneamente»

La scrittrice si paragona all’animale dell’esperimento di meccanica quantistica. E spiega perché

La scrittrice Michela Murgia si sente come il gatto di Schrödinger. Ovvero come l’animale dell’esperimento mentale che si trova in collegamento con un sistema che ne determina la morte se si verifica un evento subatomico in un dato tempo. Il paradosso del gatto di Schrödinger spiega che siccome per la meccanica quantistica un sistema come questo assomma eventi avvenuti e non avvenuti, il gatto nella scatola dell’esperimento è contemporaneamente vivo o morto. Il paragone serve all’autrice per spiegare in un articolo su La Stampa cosa prova dopo l’annuncio della sua malattia. Ovvero, contemporaneamente viva e morta anche lei. «La malattia e il suo decorso di ormai un anno e mezzo ha fatto scattare una surreale celebrazione funebre in vita a cui onestamente non mi sento ancora di partecipare con lo slancio ammirevole che ho notato in alcuni commentatori», dice Murgia.


Tre ciotole

Un po’ quello che aveva detto a teatro a Milano nei giorni scorsi. «Mi interessa invece che la mia malattia, che erode il mio tempo, non eroda anche il mio senso e quello delle cose che ho fatto negli ultimi mesi», spiega la scrittrice. Tra queste c’è il suo libro Tre ciotole. Che non parla della sua malattia, ci tiene a specificarlo. Murgia spiega che il libro è fatto di «molte storie in apparenza diverse, ma in realtà legate a un’unica grande domanda: come cambiano le risposte personali e il concetto di normalità, quando niente intorno è più normale e non c’è modo di superare il cambiamento con le sole forze individuali? Cosa accade nella mente di chi deve abitare il disastro finché dura, senza la possibilità di uscirne?». Nei giorni scorsi Aldo Cazzullo, che aveva firmato la prima intervista a Murgia, ha spiegato che la scrittrice non vuole essere compatita.


Il tempo della crisi

Anzi, non ha escluso la possibilità di essere odiata. Adesso spiega lei stessa il significato della sua opera: «Non c’è niente di più divertente, per chi scrive, che usare la penna come una lente d’ingrandimento per mettere a fuoco, anche nel senso di infuocare, un pezzo di realtà umana che cerca disperatamente di nascondersi anche a se stessa. Tre Ciotole, scatola nera del tempo della crisi, racconta una cosa disarmante quanto vera: a volte, nel bel mezzo di un problema gigantesco che non controlli, il solo modo per non perdere la testa è creare un problema ulteriore, che però controlli. Il risultato è ossessivo, non etico, sparigliante e porta a pensare che avremmo avuto vite migliori se fossimo stati una specie vivente meno complessa, più facile. Ma saremmo stati anche molto meno divertenti e nella crisi non c’è nulla che alla fine salvi più di una risata su se stessi».

La scrittura e la malattia

Chissà se Murgia, a proposito del problema che non si riesce a controllare, si riferisce proprio al carcinoma renale al quarto stadio. «Le metastasi sono già ai polmoni, alle ossa, al cervello», ha detto di recente. E ancora: «Il cancro non è una cosa che ho; è una cosa che sono. Me l’ha spiegato bene il medico che mi segue, un genio». La scrittrice ha rasato i capelli qualche giorno fa. Poi ha mostrato le foto private della sua famiglia queer. È anche entrata nella polemica sul fisico Carlo Rovelli a Francoforte. Consigliando le dimissioni a Franco Levi. Così combattiva e così viva che il gatto di Schrödinger sembra proprio voler violare le leggi della fisica.

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