Edwige Fenech: «Anche io ho subito molestie. Consiglio alle giovani attrici una ginocchiata lì per salvarsi»

L’attrice e produttrice racconta la sua carriera. Il figlio avuto da sola e i film cult. E quella volta che venne ricattata

L’attrice e produttrice Edwige Fenech dice che ha subito più volte molestie da chi aveva potere di farla lavorare. E non ha denunciato. In compenso in una situazione in cui stava rischiando una violenza sessuale l’ha salvata una ginocchiata assestata in un punto critico. Una tecnica che oggi consiglia alle giovani attrici: «Mirate con il ginocchio là dove sappiamo». Mentre ha un rimpianto: non aver avuto la parte di Gradisca in Amarcord di Federico Fellini: «Lui mi chiamava Ubaldina e mi portava dalla sua cuoca per farmi ingrassare. Ma io ero giovane e bruciavo tutto quello che mangiavo. Alla fine ha scelto Magali Noel». Edwige Fenech parla in un’intervista a Candida Morvillo per il Corriere della Sera.


La carriera

Oggi Fenech vive in Portogallo. Ha avuto una parte nell’ultimo film di Pupi Avati. La sua carriera è cominciata a 14 anni a Nizza, dove viene fermata in strada per dire una battuta in un film. «Dovevo dire una parola che non conoscevo e non capivo e mi fecero rifare il ciak 32 volte: una figuraccia tremenda. La parola era “mantenuta”: “vuoi fare di me la tua mantenuta?”». A 18 anni è diventata a Lady Francia ed è arrivata seconda al concorso Lady Europa a Cortina. «Di nuovo, un agente mi fermò per offrirmi un ruolo, ma io e mamma ce ne tornammo a casa. Poi, arriva un telegramma: contratto pronto da firmare a Roma stop. Ci ritrovammo a Cinecittà, un mondo a noi totalmente estraneo, io non parlavo italiano. Mi dissero di firmare dove c’erano le crocette».


La chiamata di Avati e il figlio avuto da sola

Quando ha chiamato Pupi Avati per La quattordicesima domenica del tempo ordinario non se lo aspettava: ««Pupi si sveglia presto, come me, ma mi ha chiamato senza tener conto dell’ora in meno di fuso orario. Dovevano essere le cinque del mattino. Riconosco subito la sua voce. Penso: vorrà un’informazione. Invece, dice: ti devo raccontare una storia. Ascolto, mi commuovo. Era il copione che aspettavo da anni». Ha avuto suo figlio Edwin da sola: «Avevo 22 anni, ero incinta, volevo quel bambino, ma rispetto il pensiero del prossimo e non avrei mai obbligato suo padre a fare il padre».

I film cult

Nel punto più alto della sua carriera girava anche sette, otto film l’anno: «Avevo bisogno di lavorare e non ero schizzinosa, anche perché in Algeria non esisteva la distinzione tra film di Serie A e di serie B». La scena più cult rimane quella delle docce: «Preferivo le docce alle scene d’amore. Dopo ho avuto la fortuna di cambiare carriera, ma non rinnego niente: alcuni film cosiddetti erotici erano carini, ben fatti, con attori bravissimi». Tra queste i suoi preferiti rimangono: «Titoli a parte, Giovannona Coscialunga disonorata con onore o Quel gran pezzo dell’Ubalda tutta nuda e tutta calda».

L’incontro con Tarantino

E racconta l’incontro con Quentin Tarantino e il cameo in Hostel 2? «Sì, anche se è tanto che non ci vediamo. Fu lui a cercarmi mentre era al festival di Venezia, io giravo un film da produttrice, andai da lui in jeans, in uno stato pietoso. Conosceva tutti i miei film inquadratura per inquadratura». Infine, il MeToo: «Finalmente qualcuno denunciava. Ai miei tempi, la parola di una ragazza non aveva valore. A me è successo più volte di essere molestata da chi aveva il potere di farmi lavorare e non ho denunciato: chi mi avrebbe creduto? Però, anche in situazioni pesanti in cui ho corso il rischio di essere violentata, sono riuscita a uscirne indenne: ho un riflesso col ginocchio che è una roba micidiale. Alle attrici di oggi consiglio di mirare col ginocchio dove sappiamo».

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