Michela Murgia, la scoperta della malattia e la preghiera ai fan: «Non trattatemi come un monumento: sono ancora viva»

La scrittrice poi torna ad attaccare il «governo fascista» a proposito delle politiche famigliari: «Questo è un governo che porta via i figli alle madri»

Michela Murgia al Salone del Libro di Torino torna a parlare della sua malattia in occasione della presentazione del suo nuovo libero “Tre ciotole”, edito da Mondadori. Intervistata dal vicedirettore della Stampa, Andrea Malaguti, la scrittrice ha detto: «Non trattatemi come un monumento, sono ancora viva». E ha poi raccontato: «Quando l’oncologo mi ha dato la notizia del tumore, senza mai definirlo tale, ero sotto morfina. Qualsiasi cosa mi avesse detto sarebbe stata bella – scherza la scrittrice – Interiorizzare che è una cosa che fa parte di me mi ha dato la sensazione di poterla gestire. Sono una maniaca del controllo. La cura è un patto tra me e la malattia. Murgia è poi tornata ad attaccare le politiche sulla famiglia del governo Meloni: «Io penso che questo governo sia fascista, si vede dalle scelte, dalle decisioni che prendono. Quando si sono candidati le hanno dichiarate in campagna elettorale. Va tutto in una certa direzione, controllo dei corpi, controllo della libertà personale, discriminazioni delle comunità già discriminate che stavano cominciando a ottenere dei diritti, una certa impostazione ideologica che abbiamo già visto». Murgia cerca di spiegare cosa intende quando ravvisa il pericolo di fascismo: «Vi aspettate che il fascismo bussi a casa con la camicia nera? Non è così. Il nostro è un Paese che non ha fatto i conti con il fascismo, non c’è stata una presa di coscienza. È mancato quel processo che ti dice “io che parte ho avuto?”». L’accusa principale che muove al governo riguarda le politiche in ambito di riconoscimento delle famiglie queer: «Dovremmo sceglierci i parenti, considerare congiunti quelli che si prendono la responsabilità l’uno dell’altro. Siamo fermi alla modalità coppia sia eterosessuale sia gay. Perché non è possibile riconoscere una famiglia queer per responsabilità anziché per ruolo? Siamo tutti preoccupati di dire la mamma è la mamma, il papà è il papà. Non mi interessa l’affidabilità, ma la fedeltà», conclude.


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