Enel, Paolo Scaroni: «Non è vero che sono amico di Putin. Perché la Norvegia ci fa pagare così tanto il gas?»

Il nuovo presidente di Enel risponde alle accuse: gli accordi con la Russia? Ho avvertito il governo e la Nato

Il nuovo presidente dell’Enel Paolo Scaroni non si sente “vicino” a Vladimir Putin. Al contrario, all’epoca in cui firmò con Eni gli accordi sul gas russo ebbe l’ok del governo Berlusconi e della Nato. In un’intervista rilasciata a Repubblica oggi Scaroni rintuzza le accuse sulla “simpatia” per lo Zar. È stato amministratore delegato del Cane a Sei Zampe tra il 2005 e il 2014. Ma quando ha visto Putin a Trieste era «con l’allora presidente del Consiglio Enrico Letta. Fu un incontro ufficiale, come tutti gli altri in cui l’ho visto». E, dice a Walter Galbiati, «se vuole sapere se ero amico di Putin, le rispondo di no. Erano partner commerciali dell’Italia. Come lo erano di tutti i principali Paesi europei. Pensavo che fossero fornitori affidabili, come lo pensava Angela Merkel e il cancelliere austriaco». 


L’accordo con Gazprom

Di più. Scaroni sostiene anche che il rinnovo dell’accordo con Gazprom se lo è trovato sul tavolo dalla precedente gestione: «La Russia vende gas all’Europa, e all’Italia, dagli anni Sessanta. Lo ho approvato, perché era nell’interesse di Eni e perché l’ha condiviso il governo italiano. Nel corso del 2006, tutte le società energetiche europee, da Eon a Gaz De France, hanno esteso i loro contratti con la Russia». Spiega che tutti i governi che ha consultato, essendo dirigente di una società pubblica, gli hanno sempre dato l’ok: «La Russia era considerata più affidabile di altri fornitori. Per esempio della Libia di Gheddafi. A quell’epoca il gas lo compravamo in piccole quantità dalla Norvegia e dall’Olanda, molto da Algeria, Libia e Russia».


Poi dà una lezione di realpolitik:  «Quando una società lavora nel settore del gas, il suo obiettivo è avere il gas più sicuro al prezzo più basso. Rispettando eventuali sanzioni. La Russia era considerata affidabile e non c’erano sanzioni nei suoi confronti, né da parte dell’Unione Europea né da parte dei nostri alleati Nato».

L’attacco alla Georgia

Quando due anni dopo Putin dà il via al suo bombardamento, però, «la Georgia era una vicenda remota. Nessun Paese ha cambiato posizione in seguito a quegli avvenimenti. E nessuno immaginava poi che Putin avrebbe invaso l’Ucraina». Scaroni spiega così il contrasto con gli Usa: «Il punto delicato è stato il South Stream, il tubo che passando sotto il Mar Nero doveva collegare la Russia con l’Unione Europea, aggirando l’Ucraina. Il malessere degli Stati Uniti ci fu comunicato dal Dipartimento di Stato. Non vedevano di buon occhio che tanti operatori europei si legassero alla Russia, bypassando l’Ucraina. E *ovviamente erano stati contrari anche al Nord Stream, il collegamento diretto tra Russia e Germania attraverso il Mar Baltico. Perché le pipeline sono un investimento così grande che lega consumatore e fornitore a lungo termine». 

Putin e l’Ucraina

Secondo Scaroni lo Zar ha sempre agito contro Kiev: «Putin voleva che l’Ucraina fosse strategicamente irrilevante e lo sarebbe stata senza il passaggio del gas russo diretto in Europa. Dopo la Rivoluzione arancione, l’Ucraina si è sempre più avvicinata all’Europa e allontanata dalla Comunità degli Stati Indipendenti (CSI), il blocco dei Paesi satelliti di Mosca, un patto basato anche sulla fornitura di gas russo a prezzi di favore. Due volte, nei Natali tra il 2006 e il 2007 e tra il 2009 e il 2010, Putin ha usato l’arma del prezzo del gas contro Kiev che si rifiutava di restare nell’orbita di Mosca». L’ex ad di Eni dice che il momento in cui bisognava capire le intenzioni di Putin è stato l’invasione della Crimea.

Chi specula sul gas

Infine, per Scaroni c’è qualcuno che specula sul gas: «Nel momento in cui Paesi come la Norvegia approvavano, in seno alla Nato, le sanzioni alla Russia, sapevano che Putin avrebbe reagito alzando il prezzo del gas. E loro che esportano gas, potevano fare in modo che il rincaro non gravasse sui loro partner. Perché la Norvegia deve venderci i suoi 120 miliardi di metri cubi di gas all’anno a un prezzo molto più alto di quello a cui lo vendeva prima dell’invasione russa in Ucraina?». Proprio il fondo sovrano della Norvegia si era opposto a Scaroni alla presidenza di Enel.

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