Naufragio di Cutro, l’inchiesta che riapre il caso: «Il governo e Frontex sapevano del pericolo, hanno mentito e poi insabbiato il caso»

Le rivelazioni dell’ultimo rapporto di Lighthouse Reports sul naufragio in cui lo scorso 26 febbraio sono morte 94 persone

La strage di Cutro? Il governo Meloni «ha mentito». È quanto emerge da un recente rapporto di Lighthouse reports, un’organizzazione olandese no-profit che conduce inchieste transnazionali con metodi giornalistici, tecniche di intelligence open source e data science. Lo scorso 26 febbraio una barca carica di migranti si ribaltò, provocando la morte di 94 persone, di cui 35 bambini, a 40 metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro. E le autorità italiane vennero accusate da più fronti di non aver fatto abbastanza, pur essendo state allertate sulla situazione di grave pericolo per i naufraghi. «Se avessimo potuto, avremmo salvato i migranti», assicurò nei giorni seguenti la premier Giorgia Meloni respingendo fermamente le accuse di poca trasparenza sula catena di soccorso e ogni richiesta di dimissioni del ministro degli Interni, Matteo Piantedosi. Lo stesso che dichiarò che nella gestione di quel naufragio «non si poteva fare di più». Il tutto mentre veniva messo in atto un continuo scaricabarile tra Guardia costiera, Guardia di finanza e Frontex (l’Agenzia europea della Guardia di frontiera e costiera). Ma ora questo rapporto, dopo mesi di indagini, arriva a smentire queste versioni.


L’inchiesta di Lighthouse

«Sia Roma che i vertici di Frontex sapevano che quell’imbarcazione era in difficoltà quando era stata avvistata sei ore prima della tragedia da un aereo dell’Agenzia europea per le frontiere, ma nonostante ciò hanno deciso di non intervenire e in seguito hanno cercato di insabbiare quello che sapevano», dichiara il rapporto. L’organizzazione che ha condotto l’inchiesta fa sapere di aver ottenuto documenti confidenziali dell’Agenzia europea della Guardia di frontiera e costiera che rivelano come il loro aereo aveva riferito di «segnali di difficoltà» per il barcone Summer loves sia ai vertici Frontex che alle autorità italiane. Inoltre, Lighthouse è riuscita ad acquisire video inediti che hanno portato alla luce ulteriori dettagli sul naufragio, incluso un tablet con un software di navigazione che ha confermato la posizione della barca e la direzione di viaggio.


«Sapevano dei rischi, ma non sono intervenuti»

«Ore prima del volo gli operatori avevano avvertito di venti forti nel Mar Ionio. Frontex ha quindi individuato l’imbarcazione monitorando più chiamate telefoniche satellitari fatte durante il giorno dalle persone a bordo», si legge nell’inchiesta. «Un resoconto dettagliato delle chiamate del pilota mostra che Frontex sapeva che si trattava di una possibile nave migrante, senza giubbotti di salvataggio visibili e con una significativa risposta termica da sottocoperta». Segnali che, secondo l’ufficio stampa di Frontex, rappresentano un numero anomalo di possibili persone a bordo. Oltre al fatto che il maltempo, la mancanza di giubbotti di salvataggio e il sovraffollamento costituiscono segnali di pericolo per le regole marittime europee e italiane. Ma le autorità marittime italiane non hanno comunque avviato un’operazione di ricerca e soccorso.

L’insabbiamento

Ciò che invece è stato operato a seguito della strage, accusa il rapporto, è un vero e proprio insabbiamento della gestione della situazione in quelle ore. «Dopo il naufragio, l’Agenzia di frontiera europea ha nascosto il fatto che il loro pilota aveva segnalato forti venti alla loro sala di controllo durante il volo di sorveglianza». Di fronte a questa inchiesta, che ribalta la versione del governo e delle autorità italiane e si aggiunge a quella della Procura di Crotone che ha iscritto i primi sei nomi nel registro degli indagati e dato il via alle perquisizioni nelle sedi della Capitaneria di Porto e della Guardia di Finanza, gli avvocati delle famiglie delle vittime stanno valutando la possibilità di portare il caso davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo. L’obiettivo è sostenere che l’Italia dovrebbe essere ritenuta «responsabile della violazione irrimediabile del diritto alla vita dei migranti».

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