Parla la prof accoltellata dal suo studente: «Dai genitori neanche le scuse. Lui? Non capisco: non rischiava neanche l’anno»

La docente racconta gli attimi di paura vissuti lo scorso 29 maggio. Ancora oggi non si spiega perché il ragazzo l’abbia aggredita in quel modo

«Mi dispiace solo una cosa. Non aver ricevuto nessuna parola di scuse dalla famiglia del ragazzo che mi ha aggredita. Non me lo aspettavo dal ragazzo, che è sicuramente sotto choc, ma almeno da genitori mi sarei attesa un’espressione di vicinanza o dispiacere». Così la professoressa Elisabetta Condò, accoltellata il 29 maggio scorso da un suo studente sedicenne – ora in carcere – mentre si trovava in classe, parla dell’episodio. Al ragazzo, aggiunge, «auguro il meglio. Non provo rancore. Spero che lasci presto il carcere e che ritrovi serenità». La docente dell’istituto Alessandrini di Abbiategrasso (Milano), dalla sua casa inondata di fiori per augurarle una pronta guarigione, spiega che all’inizio non aveva capito cos’era successo, quando dopo essere stato interrogato il giovane aveva deciso di sferrarle diversi colpi al braccio e al capo.


La dinamica dell’accoltellamento

«All’inizio pensavo di essere stata colpita da qualcosa che cadeva dal soffitto, magari un lampadario. Ero di spalle piegata su un banco, ho sentito il primo taglio fortissimo al collo. Ho girato il braccio per difendermi e ho sentito i fendenti dall’alto che mi colpivano. È durato tutto pochi secondi», racconta in un’intervista a la Repubblica a cura di Sandro De Riccardis. «Sono corsa fuori dall’aula da sola – continua ricostruendo la dinamica – i ragazzi sono rimasti bloccati dentro. Ho gridato aiuto. È allora che ho visto il sangue schizzare fuori dal braccio. Tutti gridavano, è stato un momento di grande confusione. Una ragazza della classe vicina mi ha dato una felpa per fermare l’emorragia. Avevo il braccio aperto, un collega lo ha sorretto tenendo chiusa la ferita». La lama l’ho vista soltanto sui giornali, come anche la pistola.


Il motivo

Tuttora la docente non vede il motivo che potrebbe aver portato all’aggressione. «Non ho una spiegazione. Il ragazzo non aveva una situazione critica, non rischiava l’anno. Le note che aveva erano di febbraio per compiti che non aveva fatto. C’era stata qualche piccola ragazzata di recente, come lo spray maleodorante sparso in classe insieme ad altri due compagni. Per questo la coordinatrice, non io, aveva convocato i genitori dal preside. Dovevano incontrarsi martedì, il giorno dopo i fatti». La prof ricorda di aver visto il ragazzo fuori da scuola prima dell’inizio delle lezioni venerdì 26 maggio. Avrebbe dovuto recuperare delle verifiche che non aveva svolto dato che era andato col padre a vedere l’Inter. Ma poi il giovane era assente a lezione.

Il rendimento scolastico e la condotta

Il giorno dell’aggressione aveva spiegato a lui e un compagno: “Visto che venerdì non c’eravate, vi interrogo oggi. Preferite subito o dopo la prova di gruppo sui Promessi Sposi?”. Mi hanno detto che preferivano dopo. Un’interrogazione prevista, non punitiva. Forse si è sentito in un vicolo cieco perché pensava di non recuperare, ma non credo». La situazione del ragazzo a scuola non era drammatica: «Aveva avuto un calo scolastico, forse più nelle mie materie che in quelle scientifiche, e molte assenze nell’ultimo periodo. Ma l’anno non era compromesso. In Italiano ha più della sufficienza, forse avrebbe rischiato di avere Storia a settembre, ma nemmeno quello. Era stato avvisato dalla coordinatrice che rischiava il 5 in condotta per le interruzioni delle lezioni, tra l’altro non le mie, ma nulla lasciava presagire una cosa del genere», spiega Condò.

Il disagio giovanile

Ad ogni modo, la prof ritiene che questo sia un caso isolato. «Io non ho una spiegazione, ci penseranno i magistrati e gli psicologi, ma non penso si possa ascrivere a un disagio diffuso tra i giovani. Il malessere c’è, ma non porta a questi gesti. Almeno è quello che voglio credere». Chissà se la spiegazione sarà già stata data a settembre, quando forse la docente potrà tornare in classe dopo quello che si prospetta un lungo percorso di recupero delle funzionalità della mano. Di certo non se lo aspettava: «Non pensavo di vivere una cosa del genere nella mia vita. Penso di essere un’insegnante molto dialogante con tutti gli studenti». Ragazzi e ragazze che l’hanno chiamata non appena uscita dall’ospedale venerdì. A breve con loro farà già una chiamata su Meet.

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