Il comico Marco Della Noce: «Ho dormito in auto per debiti e pignoramenti. Gli amici di Zelig mi hanno salvato»

Il divorzio dalla moglie, gli affitti e il mantenimento non pagati. Poi la rinascita

Il comico Marco Della Noce è diventato popolare in tv partecipando a programmi come “Drive In”, “Striscia la notizia”, “Mai dire goal” e “Zelig”. Il suo personaggio più famoso è Oriano Ferrari, capotecnico della scuderia. Ma dopo il divorzio dalla moglie è finito in una situazione finanziaria disastrosa. Ha accumulato debiti per 700 mila euro e i pignoramenti gli hanno tolto tutto. Ora il tribunale di Monza ha avviato nei suoi confronti una procedura per sovraindebitamento che gli consentirà di estinguere 500 mila euro. Ma una parte dei suoi guadagni sarà ancora trattenuta per qualche anno dal fisco. Lui però in un’intervista rilasciata all’edizione milanese del Corriere della Sera dice di essersi stupito per l’affetto del pubblico. E ringrazia gli amici di Zelig che lo hanno aiutato in concreto.


Il divorzio dalla moglie

Tutto per Della Noce comincia con il divorzio dalla moglie. E con gli affitti e gli assegni per il mantenimento dei figli non corrisposti. «Rivendico il diritto di fallire», dice oggi con ironia. A causa di pignoramenti, dice, ha dormito nella sua Opel Zafira. Poi è arrivato il tribunale: «È una liberazione, della mente soprattutto. Ho trovato tanta comprensione anche da parte dei giudici. Non c’è mai nulla di negativo e basta. La procedura è stata complicata. Applicare la legge del sovra-indebitamento a un lavoratore dello spettacolo era nuovo per tutti. Dopo oltre due anni, con i legali dello studio Pagano siamo riusciti a ottenere l’avvio della sovraesposizione del debito, istituita dopo la crisi economica del 2008». Ma non è ancora del tutto finita: «Per qualche anno ancora, parte dei miei guadagni sarà trattenuta per coprire il debito, che includeva affitti pregressi e assegni di mantenimento dei figli. Ma sono rinato».


Due anni senza spettacoli

È stato due anni senza fare spettacoli. «Non mi lasciavo andare e non agivo d’istinto. Pensavo troppo», spiega. Dice che non poteva essere creativo «perché tutto mi stava scappando via. Non trovavo soluzioni e poi è arrivata la depressione, quindi due anni di cure psichiatriche: uscivo la mattina e tornavo a casa la sera. Prendevo farmaci, ma non mi chieda quali perché non conservo nulla». Ha fatto anche qualche lavoro saltuario per ripartire: «Il vigilante notturno al parco di Monza durante uno street food. Avevo anche aperto, con un amico, una società di gonfiabili». Mentre i figli «oggi mi ringraziano per quello che ho trasmesso in questi anni». Anche adesso non è solo un comico: «Sono tutor per We family, un centro di formazione che incentiva il dialogo genitoriale. Sto anche avviando incontri con le aziende per sensibilizzarle sulla centralità della persona in prospettiva orizzontale. Ma con gli spettacoli continuo».

Gli amici di Zelig

A salvarlo sono stati gli amici di Zelig. «Mi hanno aiutato i colleghi e la gente comune. Quando ho toccato il fondo, tutto il gruppo di Zelig si è mosso. Da Giancarlo Bozzo, direttore artistico, a Claudio Bisio, passando per Luciana Littizzetto. Avevano avviato una raccolta fondi. A loro si erano aggiunte le persone che mi avevano pagato una stanza. Da lì passo dopo passo ho trovato una casa. Poi mi ha motivato molto una lettura che ho fatto». Ovvero: «”Evviva il fallimento” di Francesco Chesi. Racchiudeva 22 chiavi per trasformare la propria vita». Tra queste: «Vivere il presente e dare un peso alle parole. A questi si aggiungano gli insegnamenti della filosofia buddista che pratico da 35 anni: il punto di partenza è dentro di noi».

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