Maria Sofia del Collegio risponde alle critiche dopo l’ammissione alla Siffredi Academy: «Mio padre è un ipocrita, dovrebbe fare terapia»

Ieri l’uomo si era detto «straziato» dalla scelta di sua figlia di diventare una sex worker

«Mi sento di riprendere anche le dichiarazioni pubbliche degli ultimi giorni di mio padre per commentarle». Inizia così, dritto al punto, il post pubblicato nelle ultime ore dalla giovanissima creator Maria Sofia Federico, già volto noto della Tv dopo la sua partecipazione al Collegio, di recente saltata agli onori delle cronache per la sua ammissione all’Academy di Rocco Siffredi. E per i commenti di suo padre a riguardo, che aveva espresso tutta la sua contrarietà rispetto alle scelte di vita della figlia, esprimendo anche il terrore che la neo-diciottenne potesse essere stata plagiata da qualcuno. «Alla Zanzara ha detto di essere stato fruitore di porno da giovane e di essere anche andato da delle escort, ma non riesce a fare pace con la realtà che io faccio la stessa cosa», è l’affondo della ragazza. «Questo – prosegue – mi mette tanto rammarico perché indica che la nostra categoria è lo zimbello di tutti anche se poi quei tutti ci sfruttano per piacere, ed è segno di un’ipocrisia rara». La bordata di Maria Sofia contro il padre non finisce qui: «Una persona risolta è in grado di cogliere questa contraddizione e affrontarla in terapia, evitando di scaricare la propria rabbia e la propria incomprensione su una figlia per cui dovrebbe rappresentare un modello di riferimento nonché una figura con cui dialogare per crescere assieme senza pregiudizio». «Quindi – conclude – alla sua domanda, condivisa da mia madre, “non volevi cambiare il mondo?” io rispondo che non c’è nulla di più rivoluzionario che cogliere la profonda incoerenza di queste reazioni collettive e denunciarla continuando a essere me stessa in libertà».


«A un coetaneo, parlerei dei rischi»

Il lungo messaggio accompagna un video di due minuti e 40, in cui l’influencer racconta come i genitori le hanno augurato che «Dio entrasse dentro di lei, per riportarla sulla retta via». Ma specifica che lei, se dovesse rapportarsi a qualche suo coetaneo intenzionato a imboccare la strada del sex work digitale, lo avvertirebbe di tutti i rischi del caso. «Le statistiche dimostrano che solo una piccolissima percentuale di chi crea contenuti riesce a fare successo. Il falso mito dei soldi facili comporta uno scotto da pagare: trovarsi davanti a un futuro incerto». Ovvero: «Per via della chiusura mentale che c’è in giro potrebbero essere licenziati, o non assunti. E bisogna poi tollerare la vergogna per il materiale che verrà inevitabilmente leakato». «Ma nel mio caso – specifica -, è diverso: da quando ho 14 anni sono abituata a ricevere un trattamento spietato dall’Italia intera per ‘la colpa’ di fare attivismo. Dunque, chiedo: è giusto ‘proteggere’ un individuo come me da un sistema ‘brutto e cattivo’, invece di affiancarlo nella sua lotta per cambiarlo? Bloccarsi per la paura e il disgusto nei confronti di una dimensione che non si conosce ha portato la realtà a rimanere come la vediamo adesso: proponendosi, tristemente, di rimanere uguale».


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