‘Ndrangheta, l’ira dell’ex governatore Oliverio di nuovo indagato: «Giudici carrieristi calpestano la vita delle persone per puro protagonismo»

L’ex presidente della Regione Calabria sfoga tutta la sua amarezza: «Ho saputo dell’indagine dai giornali, contro di me incomprensibile accanimento»

È incredulo, deluso e amareggiato, l’ex presidente della Regione Calabria Mario Oliverio, coinvolto oggi nell’ennesima indagine a suo carico. Alla guida della Regione dal 2014 al 2020, Oliverio è indagato dalla Dda di Catanzaro con l’accusa di associazione per delinquere aggravata dalle modalità mafiose, nell’inchiesta che che ha portato questa mattina all’arresto di 43 persone. Una notizia accolta col gelo dall’ex governatore Pd, tanto nel merito quanto nel metodo. «Rimango davvero incredulo e senza parole di fronte alle contestazioni mosse dalla Procura DDA di Catanzaro nei miei confronti. Anche in questa occasione ho appreso dell’indagine su di me da alcuni giornali nazionali, prima ancora che mi venisse notificata, facendo passare, ancora una volta, che fossi sottoposto agli arresti per reati di mafia», denuncia Oliverio. «A distanza di circa 4 anni, dopo i ripetuti coinvolgimenti in procedimenti giudiziari sui quali si è pronunciata la Magistratura giudicante con sentenze di piena assoluzione “perché il fatto non sussiste” ed evidenziando, come ha fatto la Corte di Cassazione, un “chiaro pregiudizio accusatorio” da parte della Procura di Catanzaro nei mie confronti, confesso di non comprendere la ragione di tanto accanimento». Oliverio precisa di non voler lasciarsi andare ad atteggiamento «vittimistici o di risentimento». Ma al contempo di non poter non condividere tutta la sua «amarezza su un sistema giustizia piegato al protagonismo mediatico e per questo pronto a macinare persone, storie, verità, prescindendo da fatti, prove, indizi». Quanto all’indagine a suo carico, comunque, l’ex governatore si conferma del tutto disponibile a collaborare «perché non ho nulla, proprio nulla, da temere o da nascondere» rispetto alle accuse: «contestazioni di associazione mafiosa che non mi appartengono e che non a caso lo stesso GIP ha valutato infondate». La conclusione della nota di Oliverio è essa stesso un velenoso atto d’accusa a certa magistratura: «Prendo atto che il mio nome, per le funzioni istituzionali svolte e per la storia che ho alle spalle, è strumentale a creare attenzione mediatica e magari ad amplificare protagonismi funzionali a scalate carrieristiche. Ho dedicato la mia vita ed il mio impegno politico ed istituzionale nella lotta alla criminalità e per la affermazione della legalità e dei diritti. Non permetterò a nessuno di infangare la mia storia».


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