Alessia Pifferi e il vicino di casa indagato per favoreggiamento della prostituzione. «La aiutò a incontrare uomini a pagamento»

Il dettaglio è emerso oggi durante il processo a carico della donna per la morte della piccola Diana. Una vicina: «Non piangeva, diceva che era una brava madre»

Avrebbe aiutato Alessia Pifferi ad avere rapporti sessuali a pagamento con alcuni uomini. Per questo motivo il vicino di casa della 37enne (ora a processo per l’omicidio volontario pluriaggravato della figlia di 18 mesi, morta di stenti nel luglio del 2020) risulta indagato per favoreggiamento alla prostituzione. La novità è emersa in queste ore durante il processo in corso alla Corte d’Assise di Milano dove la donna è imputata per la morte della piccola Diana. L’uomo, che abita sotto l’appartamento della 37enne, è stato convocato come testimone indagato in procedimento connesso e si è avvalso della facoltà di non rispondere. Fuori dall’aula ha poi spiegato ad alcuni cronisti di essere stato tra i primi ad entrare nell’appartamento di via Parea dopo il ritrovamento del corpo della bambina, come ha raccontato anche un’altra vicina sentita questa mattina in udienza. Il processo a carico della donna è stato rinviato al prossimo 19 settembre, quando saranno sentiti gli ultimi testimoni e quando è previsto l’esame in aula dell’imputata, assistita dall’avvocato Alessia Pontenani. Sempre per la prossima udienza saranno convocati i consulenti della difesa.


La vicina di casa: «Alessia non ha mai pianto»

«Alessia Pifferi non ha mai pianto. Però si lamentava e a un certo punto mi ha chiesto: “adesso cosa succede? Mi arrestano?”». A raccontarlo in aula una vicina di casa, entrata per prima nell’appartamento di via Parea. Rispondendo alle domande dei pm Francesco De Tommasi e Rosaria Stagnaro la testimone ha ricostruito quel giorno. «Erano circa le 10.30 del mattino, Alessia mi ha suonato al citofono molto agitata e mi ha detto ‘venga, la bimba non respira’». All’arrivo del personale del 118 Pifferi «non mostrava segni di sconforto, non piangeva, continuava a dire che era una brava madre e che voleva bene alla sua bambina. Quando ha saputo che arrivava la polizia ha iniziato ad agitarsi, diceva che non era una delinquente, che non aveva colpe. Era così agitata che il medico ha detto di somministrarle qualche goccia di Valium».


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