Salario minimo: per la Ue in Italia sarebbero giusti 7,68 euro l’ora. Ma trovare le cifre giuste con i sindacati funziona più che una legge

I vigilantes sottopagati grazie a Cgil-Cisl e Uil. Colf e badanti ignorate da Conte e Schlein

Sono 21 su 27 i paesi europei che hanno un salario minimo previsto dalla legge. Ma di questi solo 6 (Lussemburgo, Olanda, Francia, Irlanda, Belgio e Germania) hanno un salario minimo sopra i 9 euro l’ora come si vorrebbe introdurre in Italia con la proposta di legge a prima firma Giuseppe Conte ed Elly Schlein. Gli altri 15 paesi europei hanno salari minimi fissati dalla legge inferiori ai 7 euro orari. La Spagna di 6,06 euro l’ora, il Portogallo di 4,25 euro l’ora, la Grecia di 3,83 euro l’ora, l’Ungheria di 3,21 euro l’ora fino alla Bulgaria che ha il salario legale più basso di 2 euro l’ora. (Fonte: WSI, Minimum Wage Report 2022).


Non è dunque un salario minimo stabilito dalla legge la soluzione ideale per consentire a tutti i lavoratori in Europa «un tenore di vita dignitoso», come scrive la Commissione europea nelle premesse della direttiva del 2022 che, al contrario di quanto molta propaganda afferma in Italia, non invitava affatto a introdurre un salario minimo per legge negli stati membri. Anzi. Nelle premesse si spiegava infatti che in 9 Stati membri quel salario non poteva essere considerato dignitoso, e tutti quei 9 Stati avevano un salario minimo stabilito dalla legge.


La contrattazione rafforzata

La direttiva – al contrario di quel che si dice – promuoveva un salario minimo che nascesse dalla contrattazione collettiva “rafforzata” e che fosse rappresentativa di più dell’80% dei contratti di lavoro. L’Italia dunque era uno dei paesi presi a modello dalla stessa commissione europea nella direttiva sul salario minimo, perché ha una contrattazione collettiva rappresentativa di oltre il 90% dei contratti di lavoro. Semmai la direttiva tirava le orecchie ai paesi che avevano un salario minimo stabilito per legge, ma non dignitoso rispetto al costo della vita lì. E infatti scriveva la commissione : «Invita gli Stati membri che dispongono di meccanismi nazionali per la determinazione dei salari minimi legali a garantire un efficace coinvolgimento delle parti sociali nella determinazione dei salari, prevedendo salari equi che consentano un tenore di vita dignitoso e accordando nel contempo particolare attenzione ai gruppi a reddito medio-basso, nell’ottica di una convergenza verso l’alto. L’orientamento in questione invita inoltre gli Stati membri a promuovere il dialogo sociale e la contrattazione collettiva in vista della determinazione dei salari».

La stessa Commissione, troppe volte tirata in ballo a sproposito nel dibattito politico italiano, chiariva d’altra parte: «La presente direttiva non intende armonizzare il livello dei salari minimi nell’Unione, né istituire un meccanismo uniforme per la determinazione dei salari minimi. Essa non interferisce con la libertà degli Stati membri di fissare salari minimi legali o di promuovere l’accesso alla tutela garantita dal salario minimo prevista da contratti collettivi, in linea con il diritto e la prassi nazionale e con le specificità di ciascuno Stato membro e nel pieno rispetto delle competenze nazionali e del diritto delle parti sociali di concludere accordi».

I criteri per stabilire il salario minimo per legge

Per chi avesse voluto nella libertà di ciascun paese stabilire un salario minimo per legge la Commissione europea ha fornito anche un criterio tecnico per arrivare alla somma oraria considerata giusta: «La valutazione potrebbe basarsi su valori di riferimento comunemente impiegati a livello internazionale, quali il rapporto tra il salario minimo lordo e il 60 % del salario lordo mediano e il rapporto tra il salario minimo lordo e il 50 per cento del salario lordo medio, valori che attualmente non sono soddisfatti da tutti gli Stati membri, o il rapporto tra il salario minimo netto e il 50 % o il 60 % del salario netto medio». Per l’Italia è semplice calcolare quale sarebbe la cifra oraria secondo questo criterio, perché i dati di riferimento sono stati forniti dall’Istat in una recente audizione parlamentare (anche questa strumentalizzata dalla propaganda politica): in Italia il salario medio orario lordo secondo Istat è di 14,5 euro. Il valore lordo mediano citato dalla commissione europea è di 12,8 euro l’ora. Quindi se il salario minimo fosse introdotto per legge in Italia secondo la commissione Ue dovrebbe essere il 60% di quel valore mediano, e cioè 7,68 euro lordi l’ora.

Le valutazioni sull’Italia

Quando si confrontano i salari in Italia con quelli degli altri paesi bisogna stare attenti alle differenze: nella maggiore parte dei paesi Ue non esiste il Tfr, che invece esiste in Italia ed è salario differito; quindi va calcolato anche all’interno della paga oraria. Stessa cosa per tredicesima che esiste solo in pochi paesi e dove esiste è per lo più volontaria (più simile a un premio di produzione natalizio a decisione dell’azienda). Nel calcolo vanno inserite anche quattordicesima ove esistente, permessi, ex festività e periodi di malattia retribuiti secondo le leggi di ciascun paese.

L’ufficio studi della Fondazione consulenti del lavoro italiana il 13 luglio scorso ha pubblicato uno studio approfondito sul salario minimo in Italia esaminando i principali 61 contratti collettivi di lavoro, rappresentativi dell’80% dei lavoratori italiani. Di questi, 39 hanno una paga oraria minima superiore ai 9 euro proposti dalle opposizioni nel disegno di legge Conte-Schlein. Diciotto contratti hanno un salario minimo compreso fra 8 e 8,9 euro, gli altri contratti hanno una paga oraria lorda compresa fra 7 e 7,9 euro. C’è poi un contratto che è il più basso di tutti: quello sulla vigilanza privata, che è addirittura sotto questa soglia.

I contratti sotto-soglia della vigilanza privata

Proprio a questo proposito il 18 luglio la procura di Milano ha deciso di commissariare il gruppo Mondialpol giudicando il livello più basso del contratto applicato (5 euro e 37 centesimi l’ora) una sorta di «caporalato» e comunque una «retribuzione sotto la soglia di povertà». Il contratto applicato in questo caso era quello vecchio, non rinnovato per molti anni. Ora però ce ne è uno nuovo pubblicato dopo lunga trattativa sindacale l’8 aprile 2023. Al livello più basso è prevista una paga lorda mensile di 1.029,84 euro. Come dice lo stesso contratto per ottenere la paga lorda oraria bisogna dividere questa cifra per 173: vengono 5 euro e 95 centesimi l’ora. Un po’ meglio di prima, ma la situazione non è cambiata un granché. Oggi Maurizio Landini, segretario della Cgil, si batte per il salario minimo per legge a 9 euro. Ma nemmeno tre mesi fa quel contratto con il salario minimo a 5,95 euro lordi l’ora è stato firmato non da sigle sconosciute, ma proprio dalla sua Cgil insieme alla Cisl e alla Uil.

Fra i contratti con paga oraria assai bassa e vicina a quella del minimo della vigilanza ci sono quelli per il lavoro domestico che impiegano colf e badanti. Molti lavoratori di questo settore non sono inquadrati a termini di legge e il nero è diffusissimo. Ma quelli regolari con paga oraria inferiore al salario minimo di legge proposto oggi dalle opposizioni sono poco meno di 600 mila. A loro però la vita non cambierebbe con la proposta di legge Conte-Schlein, perché sono espressamente esclusi dalla applicazione del salario minimo legale. Motivo? Non è spiegato, ma è intuibile. Se per tutti gli altri lavoratori il datore è una impresa con (lo pensa chi ha proposto la legge) ricchi imprenditori, per colf e badanti i datori di lavoro sono invece le famiglie italiane che non avrebbero preso di buon grado il salario minimo imposto loro. In questo caso Conte e Schlein più ai lavoratori sono stati a cuore gli elettori…

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