Scherma, Olga Kharlan spiega il caso con la russa Smirnova: «C’è stato un malinteso ma lei voleva provocarmi»

La campionessa: i russi avevano premeditato ogni cosa

La campionessa ucraina Olga Kharlan potrà partecipare alla gara a squadre della sciabola. Lo ha deciso il Cio, che le ha dato anche un posto sicuro alle prossime Olimpiadi. Dopo la squalifica per non aver stretto la mano all’avversaria Anna Smirnova. Lei oggi con il Corriere della Sera torna sull’episodio: «Forse c’è stato un malinteso. Mi avevano detto che era possibile salutare in quel modo. Invece quella ragazza voleva stringermi la mano. Non me l’aspettavo: l’ho considerata una provocazione». Kharlan è convinta che i russi avessero premeditato tutto: «Ne sono assolutamente sicura e volevano forzarmi a un gesto di pace che loro in realtà non desiderano. Se fossero stati sinceri avrebbero accettato il saluto con le lame: era comunque un modo per rispettarsi».


La campionessa e la Wild Card

Per la campionessa «i russi hanno distrutto il concetto di fratellanza — almeno così la chiamavano — che caratterizzava le nostre relazioni. Forse tra 10 o 20 anni si potrà discutere di pace. Ma oggi è troppo presto. E troppi sono i danni». Nel colloquio con Flavio Vanetti racconta che prima della gara «contro la russa, anzi, contro l’atleta neutrale, ho chiamato i miei e ho detto che sarei salita in pedana: erano in un rifugio anti-bombe. Come posso tirare senza ragionare su quello che stanno vivendo? Non posso stringere la mano a chi rappresenta un invasore che fa certe cose ai miei cari e al mio Paese». Per lei «la fine potrà esserci solo quando i territori invasi saranno liberati: considero anche la Crimea, occupata nel 2014. Noi siamo in guerra da 9 anni».


L’alert sul telefonino

Kharlan racconta che «sul telefonino ho attivato un avviso per sapere quando suonano le sirene degli attacchi: le segnalazioni arrivano nel cuore della notte… Può immaginare il mio stato d’animo, l’ansia e la paura». E dice di aver ricevuto solidarietà «dagli atleti, ma soprattutto dai soldati. Mi hanno inviato video e messaggi dal fronte, ringraziandomi: è come se avessi combattuto al loro fianco». Si dice che lo sport dovrebbe essere separato dalla politica. Ma non è così. «Politica è stare attorno a un tavolo, discutere e decidere. Qui parliamo di una guerra e di un’invasione. E chi ha occupato invia i propri atleti a un Mondiale…».

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