La Corte d’appello di Venezia ha condannato il «maschilismo perdurante» in certe montagne d’Italia, dove ai soli figli maschi viene attribuita, mediante le cosiddette “Regole”, ogni prerogativa ereditaria sui beni fondiari indivisi come boschi e pascoli. Per l’organo giurisdizionale si deve, infatti, «tener conto dell’evoluzione dei modelli familiari e sociali e rispettare il principio costituzionale di uguaglianza femminile e maschile», si legge nelle motivazioni, citate dal Corriere della Sera. La sentenza in questione riguarda la “Regola” (antica istituzione nella quale le famiglie originarie del luogo, proprietarie dei beni fondiari, gestiscono le proprietà collettive attraverso gli organi statuari, ndr) di Casamazzagno, nel Comelico; ma coinvolge, più in generale, tutta l’area, compresa la località di Cortina d’Ampezzo dove il segretario generale delle Regole ampezzane, Stefano Lorenzi, si è detto «pronto a cambiare» questo sistema. «Da noi c’è uno zoccolo duro di intransigenti. Questi regolieri temono che attraverso la donna arrivi il forestiero perché se si sposa con un uomo che non è del luogo, i figli potrebbero portare un cognome non originario. Insomma, qui vogliono evitare il rischio che gli Esposito sostituiscano i Ghedina. Naturalmente è un timore infondato e anacronistico nella società attuale che riconosce oltretutto il doppio cognome. Però questa cosa da noi è ancora un tabù, mi auguro che i nostri si diano una svegliata», ha detto Lorenzi. Le proprietà delle “Regole”, spiega il quotidiano, supera l’80% del territorio, mentre le antiche famiglie rappresentano il 40 per cento dell’intera popolazione. Ma il numero dei nuclei storici «è in costante calo», sottolinea lo storico Giandomenico Zanderigo Rosoloche con la figlia Marianna ha promosso la causa contro la Regola di Casamazzagno. «Si fanno sempre meno figli e si estinguono quelli senza una discendenza maschile. Da noi nel ‘74 erano 200, ora sono 100», conclude.
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