«Posso farle un invito, Presidente? D’ora in poi mi potrebbe chiamare “senatore”? Dopotutto ho controllato, la Corte d’appello mi ha proclamata senatore, quindi farei questa richiesta, e la farò ufficialmente anche al presidente La Russa». Al Senato la parlamentare Antonella Zedda, eletta nel collegio di Cagliari in Sardegna, invita il vicepresidente eletto con la Lega Gian Marco Centinaio a rivolgerli a lei usando il sostantivo maschile: senatore, e non senatrice come ha invece appena fatto per darle la parola. Centinaio rimane per un attimo sorpreso, e nel silenzio dai banchi delle opposizioni si alzano voci di protesta e di scherno. Così, il senatore Zedda, che è difficile immaginare non si aspettasse di sollevare la polemica, ripete: «La Corte d’appello mi ha proclamata senatore, non so a lei collega». Centinaio allora interviene per interrompere il botta e risposta: «Sentite, chiamatevi come volete. Senatrice, senatore, per me non è un problema». Ma nel ridare la parola alla collega, inciampa ancora sul genere da usare: «Basta che lasciamo parlare la senatri… il senatore Zedda».
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