Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi aveva rilasciato un’intervista al Quotidiano Nazionale nel giorno dell’anniversario della strage della stazione di Bologna. Aveva parlato di una «matrice chiara» dalle sentenze. Ma senza aggiungere la parola “neofascista”. Quando anche la premier era intervenuta senza parlare di neofascismo, il ministro è finito nella polemica politica. Che oggi si scrolla di dosso in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera. Nel colloquio con Fiorenza Sarzanini Piantedosi è chiaro: «Ho più volte detto pubblicamente che la matrice accertata è quella riferita esclusivamente alla verità giudiziaria, che ci ha consegnato una responsabilità incontrovertibile di personaggi militanti nel terrorismo neofascista di quegli anni. Ho fatto chiaramente riferimento alla verità giudiziaria. Ogni strumentale polemica su questo momento è opera di chi pretende di avere l’esclusiva dell’indignazione rispetto a una delle pagine più dolorose e vergognose della nostra storia. Ognuno di noi ha una storia pluridecennale che parla da sé». E ancora: «Ci sono dei processi in corso con l’obiettivo di completare il quadro dei depistaggi, delle complicità e di eventuali mandanti. Ogni ulteriore operazione tendente ad eliminare ogni residua zona d’ombra è utile e opportuna. Per quanto di nostra competenza, al Viminale abbiamo desecretato decine di migliaia di documenti riservati, tutto il materiale relativo agli anni del terrorismo. Ogni sforzo possibile per giungere alla definizione completa del mosaico deve essere intrapreso. Lo dobbiamo alle vittime e ai loro familiari». Piantedosi si riferisce alla cosiddetta pista palestinese: i documenti del Viminale desecretati non hanno trovato connessioni con il terrorismo internazionale.
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