Pakistan, l’accusa agli alpinisti sul K2: «Hanno scavalcato lo sherpa morente per non perdere il record»

Ma la campionessa Kristin Harila e la sua squadra negano le accuse dei due austriaci

Kristin Harila è diventata l’alpinista più veloce del mondo a scalare tutte le vette sopra gli 8mila metri. Ma lei è la sua squadra sono state accusate di aver scavalcato uno sherpa morente per raggiungere la vetta del K2 in Pakistan perché più interessati a stabilire il record che a salvare la vita del portatore colpito. Harila ha scalato la seconda montagna più alta del mondo lo scorso 27 luglio insieme al suo sherpa nepalese Tenjen, 35 anni, e ha completato così la sua quattordicesima vetta più alta in poco più di tre mesi. Durante la salita, però, il portatore Mohammed Hassan è caduto da uno strapiombo a circa 8.200 metri di altezza. 


La denuncia: «Trattato come umano di serie B»

Cos’ha fatto la squadra? Stando a un video della scena pare che lo abbiano semplicemente scavalcato, ma Harila nega ogni accusa di omissione di soccorso e dichiara che il team ha fatto tutto il possibile per salvare Hassan, ma che le condizioni erano troppo pericolose per spostarlo. «Abbiamo provato a sollevarlo per un’ora e mezza e il mio cameraman è rimasto un’altra ora a prendersi cura di lui. In nessun momento è stato lasciato solo», ha detto Harila. A denunciare il fatto sono stati i due alpinisti austriaci Wilhelm Steindl e Philip Flämig, citati dal Guardian: «È stato curato da una persona mentre tutti gli altri hanno spinto verso la vetta. Il fatto è che non c’è stata un’operazione di soccorso organizzata. Anche se sul posto c’erano sherpa e guide alpine che sarebbero potute intervenire», hanno dichiarato. «Una cosa del genere – hanno aggiunto – sarebbe impensabile nelle Alpi. È stato trattato come un essere umano di seconda classe. Se fosse stato un occidentale, sarebbe stato soccorso immediatamente».


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