Lo scandalo al British Museum del dipendente licenziato perché rivendeva i reperti online. Le scuse del direttore

Un esperto collezionista aveva già fatto presente il caso del dipendente-ladro ai vertici del museo nel 2020. Ma era stato ignorato

Da ben tre anni il British Museum era a conoscenza del fatto che un membro dello staff sottraeva dalla collezione diversi reperti di inestimabile valore artistico, storico e culturale, che già dal 2016 venivano messi in vendita su Ebay o altri siti simili. Malgrado i vertici del museo fossero venuti a conoscenza dei furti, e pur avendo individuato il dipendente, hanno deciso di non intervenire. Ma quest’anno, con il cambio dei vertici, la dirigenza non ha fatto finta di nulla, e il dipendente in questione è stato licenziato. Oltre ai furti e alla rivendita delle opere sul “mercato nero”, al dipendente viene anche contestato di aver danneggiato diversi reperti. Il museo ha subito imposto «misure di emergenza» per rafforzare la sicurezza ed è ora all’opera per tentare di recuperare i beni andati perduti. Sul caso indagano anche gli agenti di Scotland Yard:  ma per il momento non ha arrestato nessuno. Il museo ha chiarito che intende fare causa alla persona licenziata, di cui non è stato diffuso il nome. Secondo quanto riferito al Telegraph l’ormai ex dipendente del museo avrebbe venduto su Ebay «oggetti non ancora registrati dal museo, il che significa che sarebbe stato quasi impossibile provare che fossero stati rubati dalla famosa istituzione», tra cui tate messe in vendita gemme semi preziose e oggetti in vetro, principalmente appartenenti alla collezione Towneley di manufatti greco-romani donati da un proprietario terriero del XVIII secolo.


Secondo quanto riferito dai vertici del British Museum tra gli oggetti della sua collezione «scomparsi, rubati o danneggiati» sarebbero presenti alcuni monili d’oro, gioielli e gemme di pietre semi-preziose. Il museo però non ha precisato il numero degli oggetti sottratti, sottolineando che molti di questi oggetti non facevano parte della vera e propria collezione del museo, bensì erano a disposizione nel deposito per scopi di ricerca o studi accademici. «Abbiamo rafforzato le misure di sicurezza e stiamo lavorando assieme a un gruppo di collaboratori esterni per compilare una lista definitiva di ciò che risulta scomparso, danneggiato e rubato», ha dichiarato il direttore del British Museum, Hartwig Fischer -. Sia il museo che la polizia hanno fatto sapere che non forniranno ulteriori informazioni fintanto che le indagini saranno in corso». Hartwig Fischer, direttore del museo, si è scusato pubblicamente per l’accaduto.


L’esperto che aveva denunciato il caso

Nel corso degli anni, secondo quanto riporta il Telegraph che cita un esperto storico che aveva individuato l’anomalia e segnalato il dipendente al British Museum, ha spiegato che l’ex dipendente a forza di sottrarre e rivendere oggetti presenti nel deposito del museo, ha anche messo in vendita alcuni oggetti presenti nel catalogo ufficiale, e che dunque erano numerati, schedali e presenti nell’inventario. Il modus operandi dell’ex dipendente è stato spiegato proprio dall’esperto che ha denunciato l’accaduto ai vertici del museo nel 2020. L’ex dipendente e venditore utilizzava uno pseudonimo simile al suo vero nome, ma il suo account Paypal era collegato a un account con il vero nome del membro dello staff del British Museum. L’esperto ha chiesto al venditore di sapere il suo vero nome, facendogli intendere di aver capito che si trattava di un dipendente del museo, ma l’uomo ha negato tutto. E così è scattata la soffiata al museo che, per anni, non ha rimosso dall’incarico il dipendente, forse per il timore che la storia avrebbe avuto un impatto negativo sull’immagine del museo. Ma alla fine l’anomalia è comunque venuta a galla e le indagini chiariranno quanto accaduto. Nel frattempo è corsa contro il tempo per cercare di recuperare i beni perduti, che però, dopo tutto questo tempo, potrebbero essere andati perduti per sempre.

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