Massimo D’Alema e le chat sulla Colombia nell’indagine per corruzione: «Non posso fare brutta figura io»

Secondo la Digos nell’affare l’ex premier ha avuto un ruolo propulsivo

Massimo D’Alema è indagato per corruzione a Napoli. La vicenda è quella della vendita di armi per 4 miliardi di dollari alla Colombia. Insieme a lui nel registro degli indagati è stato iscritto l’amministratore delegato di Leonardo Alessandro Profumo, l’ex manager Fincantieri Giuseppe Giordo e altre cinque persone. D’Alema deve fronteggiare l’accusa di aver fatto da mediatore informale con i vertici delle società sugli accordi per le forniture. Il Fatto Quotidiano racconta oggi di un’informativa della Digos che risale al 28 novembre 2022. Secondo la Digos il suo è un ruolo “Propulsivo”. L’ex premier si avvantaggiò di una rete politico-istituzionale per il proprio tornaconto personale.


L’informativa

Nell’informativa ci sono le chat tra i protagonisti della vicenda. Tra queste le conversazioni di D’Alema con Paride Mazzotta, consigliere regionale di Forza Italia in Puglia e non indagato. Il 17 novembre 2021 manda un messaggio: “Ciao. Siamo pronti. Inviamo tutta la documentazione. La mail partirà da Miami. È assolutamente essenziale che l’attesa manifestazione di interesse sia inviata a R. Allen Law. Saranno poi loro a contattare le società per organizzare una missione. Deve risultare evidente in ogni passaggio il ruolo dei promotori commerciali…”. Due giorni dopo: “… Il materiale è stato inviato. Pare ci siano problemi di ricezione. Bisogna che si diano da fare. È, per molte ragioni, urgente che gli avvocati ricevano una manifestazione di interesse”.


Le chat

Il 23 novembre altra chat: : “Come va? Alcuni dei nostri interlocutori cominciano a chiedere se abbiamo scherzato o no. Avendo scomodato il top delle società qualcuno (cioè io) rischia di fare una brutta figura». Mazzotta risponde rassicurando. Il 29 novembre altro messaggio di D’Alema: “Ho ricevuto messaggi che annunciano manifestazioni di interesse da parte di altri 2 stati. Molti promettenti. Ma allo stato non vi è stato alcun riscontro. Di nulla. Cominciamo ad essere preoccupati”. Poi arriva la conference call di febbraio pubblicata negli scorsi mesi da La Verità. In un’intervista D’Alema ha detto di aver parlato degli 80 milioni per spiegare che era l’unico modo di chiudere l’affare. E che fa «consulenza e assistenza a imprese italiane per investimenti all’estero».

La difesa

Secondo la Digos ci sono “elementi convincenti e probanti da poter fondare ipotesi indiziarie sul conto dei soggetti investigati in quanto gli accadimenti narrati, pur meritori sotto l’aspetto delle articolate e opache dinamiche, si inquadrano nell’ambito di regolari scambi commerciali”. L’avvocato Gianluca Luongo, che difende D’Alema, ha fatto sapere che l’ex premier ha chiesto di essere interrogato. Ma finora non è stato convocato.

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