Parla l’ufficiale dell’Esercito dopo il coming out: «Ho finto fino ai 50 anni. I soldati? Non sono tutti come Vannacci»

L’ufficiale racconta in un’intervista a Repubblica quanto sia cambiato l’ambiente dell’Esercito per gli omosessuali che come lui hanno smesso di nascondersi

«Ho provato un forte sdegno, come omosessuale e come soldato. Ho pensato a me stesso e a chi ha le spalle meno larghe delle mie. Ho pensato a un 18enne che magari non si arruola più. Poi si va per associazione: uno legge che un generale ha questa opinione e poi pensa che tutto l’esercito sia così». A parlare è Andrea (nome di fantasia, ndr), un ufficiale che lavora in un comando dell’Esercito da oltre 30 anni, con alle spalle un ampio bagaglio di missioni all’estero, dopo lo scoppio del caso del libro omofobo e razzista – Il mondo al contrario – del generale Roberto Vannacci. Quest’ultimo è stato poi destituito per quanto scritto nel suo testo autoprodotto, ma ha ribadito a più riprese che non ha alcuna intenzione di scusarsi o modificare il testo, facendo appello alla libertà di parola.


«Doveva far vedere il libro vedere dai superiori»

«Penso abbia torto. Se io mi chiamo Luca Rossi e sono un colonnello dell’esercito, domani esco con un libro e voglio parlare del problema delle api che diminuiscono, nella biografia non metto che sono militare. Teoricamente posso pubblicarlo senza avvertire nessuno, anche se io per scrupolo lo manderei in visione ai superiori. Ma se ne scrivo uno dove faccio molti riferimenti alle mie operazioni passate, sto mettendo in campo porzioni di storie avvenute in servizio. Già per quello devo chiedere l’autorizzazione», commenta Andrea in un’intervista a la Repubblica. «Considerato che il contenuto del libro parla anche, seppur marginalmente, di episodi operativi sarebbe stato obbligatorio mandare una bozza del libro per la visione. Ma è scritto in Costituzione: per militari e magistrati ci sono dei limiti ai propri diritti costituzionali derivanti dalla propria funzione», prosegue a colloquio con Matteo Pucciarelli.


Il coming out

Dopo la vicenda Vannacci, Andrea riferisce che quei pochi soldati che conosce che hanno fatto coming out sono «impauriti», si guardano attorno con più sospetto. Al tempo stesso però l’intervento del ministro Guido Crosetto ha rassicurato. L’ufficiale racconta il suo coming out, che ha fatto attorno quando aveva 50 anni: «Erano cambiati i tempi, il mondo finalmente si stava aprendo, l’Oms aveva finalmente cancellato il passaggio in cui definiva l’omosessualità disturbo della personalità. Prima ho fatto finta per anni di essere etero, ho sentito molte battute sui gay ma come le senti ovunque. Ma non ho subito discriminazioni al mio coming out».

«Un fascista che si arruola farebbe uno spergiuro»

Sollecitato sul luogo comune che tutti i paracadutisti abbiano delle posizioni di estrema destra, Andrea risponde: «Si riferisce a fatti vecchi di decenni. Quando la leva era obbligatoria per tutti, per un iper-nazionalista andare a fare il militare era considerata un’esperienza positiva ed eccitante. I parà sono un corpo particolarmente ardimentoso, la cui fondazione risale ai tempi del fascismo questo anche per motivi storici, gli aerei in battaglia e relativi lanci si svilupparono all’epoca. Molti oggi fanno i parà perché è un’attività sportiva estrema, altri per ragioni geografiche. Che sia un covo di fascisti lo escludo». E conclude: «Chi fa il militare giura sulla Costituzione e la nostra Carta parla chiaro, un fascista che si arruola farebbe uno spergiuro».

Foto di copertina da archivio

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