Le ipotesi sulle simpatie filo russe del generale “contro” Vannacci. E la sua caduta rafforza il nome di Cavo Dragone alla Nato

La candidatura dell’ammiraglio come comandante operativo dell’Alleanza sarebbe sostenuta sia da Crosetto sia da Meloni

Il generale Roberto Vannacci grazie al suo bestseller continua a far parlare di se, con dichiarazioni e interviste praticamente quotidiane. Ma mentre il caso non accenna a sgonfiarsi si aggiungono dettagli circa il suo ruolo all’interno delle alte sfere delle Forze armate e delle conseguenze della sua caduta (anche se il procedimento disciplinare dovesse ipoteticamente concludersi con un nulla di fatto la carriera di altissimo livello è comunque bruciata). Questa mattina, la ricostruzione fatta da Bruno Vespa sulle pagine del Quotidiano Nazionale in certi ambienti non è passata inosservata. Il giornalista scrive infatti che Vannacci era sì caduto in disgrazia prima del libro e che pesavano gli scontri con il capo di stato maggiore della Difesa, Giuseppe Cavo Dragone, ma non a proposito dell’uranio impoverito come dicono i suoi sostenitori. Vannacci, soprattutto, si sarebbe mostrato troppo aperto alle richieste russe nel periodo in cui è stato addetto militare a Mosca. Scrive il conduttore di Porta a porta: «Un uomo con il curriculum di Vannacci non viene congelato all’Istituto geografico militare senza una ragione precisa. E la ragione sta nelle posizioni estremamente favorevoli a Putin maturate nel periodo in cui è stato detto militare a Mosca, dal febbraio 2021. Incarico delicatissimo anche perché coinciso con l’aggressione russa all’Ucraina un anno dopo. Quindi, conclude il giornalista, «E’ stata questa posizione a bruciare la brillantissima carriera di Vannacci: una nazione Nato esposta come la nostra in favore dell’Ucraina non può avere un alto livello militare con ambiguità di questo genere».


Nessuno dalla Difesa si azzarda a commentare la versione dei fatti. Fonti interne, però, confermano che tutta questa bufera, oltre alle tante ricadute perlomeno complicate, una conseguenza positiva ce l’avrà: spingere il nome di Cavo Dragone a capo del comando militare della Nato. L’ammiraglio, già candidato a questo incarico da Lorenzo Guerini, gode della fiducia del ministro Crosetto e risulta apprezzato anche dalla premier Meloni che starebbe anche lei lavorando per spingere il nome italiano su quella casella. Se l’operazione dovesse andare a buon fine si aprirebbe una nuova complicata trattativa, che vede protagonista anche il presidente della Repubblica Mattarella, per nominare il nuovo capo di Stato maggiore della Difesa. Ma nel frattempo l’Italia avrebbe guadagnato una casella importante in ambito Nato, capitolo che la premier Meloni ha sempre mostrato di tenere particolarmente in considerazione.


In evidenza: l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone | Foto Ansa

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