Denuncia il suo sfruttatore, i giudici lo condannano ma non credono alla 27enne nigeriana: «Prostituta volontaria per non fare la shampista»

Arrivata in Italia con un barcone dalla Libia, la ragazza ha raccontato di essere stata picchiata quando non consegnava al suo “protettore” parte degli incassi

Per i giudici della corte d’Assise di Palermo la donna che ha denunciato un suo connazionale per sfruttamento della prostituzione era una «prostituta volontaria» che non voleva fare lavori poco remunerativi. È un passaggio della sentenza di condanna nei confronti di Silver Egos Enogieru, colpevole per il tribunale palermitano di sfruttamento della prostituzione e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, condannato a 2 anni e sei mesi. A denunciarlo era stata una 27enne nigeriana, che nella sentenza i giudici descrivono come «una prostituta volontaria. Da inquadrare, più correttamente nella nota diffusa categoria delle cosiddette sex-workers ossia nella categoria di quelle donne che preferiscono dedicarsi alla prostituzione piuttosto che lavorare o svolgere lavori poco remunerativi, come potrebbero esser quello della “svampita” o di far capelli o di “far treccine” o di lavorare presso qualcuno come domestico (etc etc)». I giudici continuano spiegando che comunque «questa “classificazione” della prostituta, naturalmente, non contrasta con la presenza di uno sfruttatore e favoreggiatore, che a sua volta si giovi delle prestazioni della “lavoratrice e le agevoli, per rimpinguare anche le proprie casse”». La procura di Palermo ha annunciato di voler presentare appello contro la sentenza.


La vittima 27enne aveva raccontato di essere stata costretta a scappare dalla Nigeria nel 2016 perché temeva la vendetta della mafia locale. Arrivata in Italia con un barcone partito dalla Libia, dove è stata rinchiusa per mesi in un campo profughi, è arrivata a Bari dove ha cercato di mettersi in contatto con i suoi connazionali. È stato in quella circostanza che la ragazza ha conosciuto l’imputato, che l’avrebbe poi fatta trasferire a Palermo e costretta a prostituirsi assieme ad altre donne. A lui ogni mese la 27enne doveva consegnare 1.500 euro. Quando la ragazza non riusciva a raggiungere la cifra, veniva puntualmente picchiata. Solo in un secondo momento avrebbe scoperto che l’uomo era affiliato alla mafia nigeriana. Dopo alcuni mesi, la ragazza si è rivolta a un pastore evangelico che l’ha convinta a denunciare e ha anche testimoniato nel processo.


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