Caso Giulia Tramontano: Impagnatiello e la finzione di esser «Andrea Valdi» per ordinare ammoniaca, topicida e cloroformio da usare contro la compagna incinta

I tentativi di avvelenamento con diverse sostanze, gli alias usati per ordinarli e farli arrivare a Senago. La strategia del killer che ha agito da solo per mesi

Alessandro Impagnatiello ha tentato più volte di uccidere Giulia Tramontano mentre era incinta. Avvelenandola più volte. E ordinando l’occorrente sotto falso nome. A ricostruire il lavoro della procura è la Repubblica. La sera del 16 febbraio, per esempio, mentre faceva il barman dell’Armani Cafè ordinava col cellulare una bottiglia da un litro di cloroformio stabilizzato con amilene. Da spedire però ad Andrea Valdi, all’indirizzo del suo appartamento di Senago. Aveva saldato i 23 euro (più spese) con il suo account Paypal. Ma alla ditta aveva fornito il suo alter ego e un’e-mail creata apposta. Impagnatiello ritirò poi il pacco alla Gls di Paderno Dugnano. Anche perché il corriere, arrivato a Senago, non aveva trovato certamente nessun Andrea Valdi. Il cloroformio probabilmente era già in circolo nel corpo di Giulia Tramontano quando il 20 maggio scrisse a una amica di aver dormito male e sentirsi come drogata. Sette giorni dopo Impagnatiello la ucciderà con 37 coltellate.


Acqua che sa di ammoniaca e il topicida: tutti i tentativi

Secondo il lavoro della sezione Omicidi, guidata dal colonnello Pantaleo Cataldo e coordinata dalla pm Alessia Menegazzo e dall’aggiunta Letizia Mannella, Impagnatiello pensava a quella sostanza almeno dal 5 febbraio, quando cioè Giulia gli aveva comunicato che non avrebbe abortito nonostante avesse scoperto il tradimento. Aveva già provato con il topicida e nel dicembre 2022 la ragazza, un mese dopo aver scoperto di esser incinta, si lamentò con la madre dell’acqua. «Quella che abbiamo preso puzza terribilmente di ammoniaca». La mamma le consigliò di buttar via la confezione.


Nessun coinvolgimento della famiglia del killer

L’indagine, spiega la Repubblica, conferma che non c’è stata alcuna complicità da parte dei familiari di Impagnatiello. A cominciare dalla madre di lui, che il pomeriggio di domenica 28, con il cellulare di Giulia staccato, era andata a cercarla tra l’appartamento e i sotterranei, lì dove Alessandro aveva nascosto il cadavere semicarbonizzato. «Io avevo un mazzo che mi diede Alessandro e mi disse che c’era anche la chiave del box, ma non apriva», spiegò la donna. Escluso ogni coinvolgimento di Omar, il fratello di Impagnatiello, al quale iniziarono a salire atroci dubbi. «Ricordo che il comandante ha chiesto a mio fratello se avesse box e cantina – ha raccontato in caserma a fine giugno – e sentivo che Alessandro rispondeva di aver solo una cantina». «Una volta risaliti a casa si è messo a piangere – dirà – dicendo che lui non aveva fatto niente e che se non gli credevo neanche io per lui era finita».

«Voleva fare degli investimenti immobiliari»

Proprio dal racconto del fratello di Impagnatiello che arriva una luce su un possibile movente per la morte della ragazza. Impagnatiello voleva «comprare un appartamento all’asta, ristrutturarlo e rivenderlo». Forse la gravidanza di lei, il rischio di pagare gli alimenti (che già pagava per il suo primo figlio) avrebbero fatto saltare i suoi piani. Lo ha chiaro anche Chiara Tramontano, sorella di Giulia, che ai carabinieri raccontò come l’arrivo di Thiago «sarebbe stato d’intralcio alla sua ambizione lavorativa: voleva fare degli investimenti immobiliari e consapevole delle spese che poteva portare un bambino, non era d’accordo di averlo».

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