Strage di Brandizzo, gli operai morti 67 anni prima sugli stessi binari: le cupe coincidenze sull’incidente quasi identico

Il luogo, i legami con l’azienda e gli ultimi istanti prima dell’arrivo del treno così simili nell’incidente del 1956 con quel che è emerso sulla strage del 31 agosto 2023

Era successo già 67 anni fa, sugli stessi binari di Brandizzo dove sono morti i cinque operai travolti dal treno regionale la notte del 31 agosto. Era il 29 marzo 1956 quando persero la vita due operai di Borgo Vercelli. Ad aggiungere sinistre coincidenze è anche il dettaglio della ditta per cui lavoravano quei lavoratori uccisi da un treno che non aveva ricevuto lo stop. Luigi Beretta, 36 anni, ed Evasio Innocenti, di 35, appartenevano alla cooperativa di Borgo Vercelli da cui è sorta l’azienda per cui lavoravano le cinque vittime di Brandizzo nel 2023. A ricordare quella circostanza è stato il sindaco di Borgo Vercelli, Mario Demagistri, e con lui la figlia di Beretta, vittima dell’incidente del 1956. Nonostante siano passati 67 anni, la dinamica con cui si svolse quell’incidente aderisce in fin troppi punti con quella che sta emergendo sul caso dei cinque operai. Nel ’56 un’automotrice piombò improvvisamente su alcuni operai che stavano lavorando per rinforzare le traversine delle linee ferroviarie. Il macchinista non aveva mai ricevuto l’ordine di fermarsi. Anche in quell’occasione, alcuni colleghi delle vittime riuscirono a salvarsi, per un soffio.


Come raccontava il quotidiano La Stampa all’epoca, citato da Repubblica, l’incidente avvenne alle 12.55 «poco dopo la sosta per la colazione. Il Beretta e l’Innocente erano in coppia e dovevano cambiare due traversine in corrispondenza di una stradicclola che conduce alla cascina Bologna: esattamente al chilometro 20,8 da Torino. Erano chini sulla perforatrice e si trovavano quasi In coda d’una quarantina di operai dislocati lungo la strada ferrata per un tratto di oltre 300 metri, quando sopraggiungeva alla velocità di 110/120 chilometri il convoglio AT623 composto da due automotrici agganciate».


L’articolo dell’epoca racconta quale fosse il meccanismo a tutela della sicurezza dei lavoratori: «Come misura di sicurezza, quando si compiono lavori del genere, viene collocato di guardia un trombettiere il quale, all’arrivo di ogni treno, dà l’allarme perché la linea venga sgombrata. Ma questo suono, emesso da una comune cornetta da ferroviere, giunge debole e roco a chi – come ieri il Beretta e l’Innocente – si trova ad una certa distanza. Quanti si trovavano più vicini al Beretta e all’Innocente, e cioè ad una ventina di metri da essi, si resero conto che i due non avevano udito il segnale quando era ormai troppo tardi. Il capo-squadra Ercole Torazza di 40 anni, pure da Borgo Vercelli, ancora cercò in un disperato tentativo di evitare la sciagura correndo addirittura verso l’automotrice e sventolando il berretto. Era troppo tardi: il Torazza dovette lanciarsi nel prato per non essere travolto mentre già il convoglio irrompeva implacabile. Tutti gridavano a squarciagola ma il rumore del treno soverchiava ogni voce. Il Beretta e l’Innocente, presi dal lavoro ed assordati dallo stesso motore della perforatrice, sino all’ultimo non si avvidero del pericolo. Soltanto il Beretta, un attimo prima di venire urtato si rialzo e cercò di compiere un balzo. Fu colpito di sbieco e lanciato lungo la massicciata, morto sul colpo. L’Innocente venne travolto. Quando le automotrici si arrestarono quasi all’altezza della stazione di Brandizzo e tutti accorsero sgomenti lungo i binari, il suo corpo non venne ritrovato: qua e là vi era qualche traccia, una chiazza di sangue, una gamba sfracellate, una mano».

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